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 2015  aprile 10 Venerdì calendario

Il sogno di Pioli, il nuovo Maestrelli. «La mia Lazio è entusiasmante. Se non fossi diventato un calciatore e un allenatore, forse avrei fatto il postino»

La sintesi del capolavoro è nella scena finale del San Paolo: la Lazio raccolta in un abbraccio al centro del campo che canta l’inno di Aldo Donati. E sentire Klose urlare «So’ già du’ ore» in perfetto romanesco fa un certo effetto, va detto. Funziona, eccome, la strategia del gruppo applicata da Pioli, un tecnico che è anche un po’ mental-coach: dopo l’allenamento, i giocatori restano nello spogliatoio un’altra ora a parlare tra loro, per capirsi di più e meglio. Poi i colloqui personalizzati, il dialogo costante, la trasparenza nelle scelte: così ha conquistato i suoi uomini, al di là dell’idea romantica di cantare l’inno tutti insieme in campo già dal ritiro di Auronzo.
«Se non fossi diventato un calciatore e un allenatore, forse avrei fatto il postino», dice Pioli.
Di sicuro un messaggio l’ha recapitato forte e chiaro al calcio italiano: la sua Lazio ha centrato due finali in un colpo solo, Coppa Italia e Supercoppa, giocando bene, all’attacco e senza paura, con lo stesso atteggiamento in casa e in trasferta. «Entusiasmante», la definisce lui. Bella e moderna, sostiene la critica. In campionato è arrivata a sette vittorie consecutive, se domenica contro l’Empoli arriverà l’ottava meraviglia, solo il Real Madrid avrà una serie migliore (13) nei tornei che contano in Europa. E Pioli raggiungerà il “maestro” Maestrelli e Delio Rossi, mentre in testa c’è Eriksson a 9.
Eppure la stagione non era iniziata bene: tre punti nelle prime quattro partite, sembrava la solita Lazio destinata all’anonimato. Invece la squadra costruita da Lotito & Tare e plasmata da Pioli era solo in rodaggio. Dal 4-0 di Palermo è iniziata un’altra storia, con qualche caduta (Empoli, Cesena, Genoa) ma addirittura 16 vittorie (in tutto sono 17) e 54 gol: solo la Juve marziana ha fatto meglio. Ancora: nessuno in Europa ha 5 giocatori a quota 7 reti o più. Tutti invidiano Felipe Anderson, corteggiato dal City e dallo United, dal Barcellona e dal Real: Ancelotti è pazzo di FA7, per esempio. Il brasiliano ringrazia, guarda caso, proprio l’allenatore: «È stato fondamentale: ho la libertà che voglio in attacco e mi ha insegnato ad aiutare i compagni quando c’è da difendere». Perché Pioli, uno che ha fatto la gavetta, non usa solo la psicologia: ha creato una squadra solida, lucida, autoritaria. E la vittoria di Napoli è stata un capolavoro di tattica. Ha rafforzato il centrocampo nel primo tempo perché era decisivo non subire gol, poi nella ripresa la mossa spaccapartita: dentro Mauri e Lulic, con Anderson spostato sulla destra a stordire Ghoulam. Così è nato il gol che garantisce due finali, con 5-6 milioncini in cassa e il suo presidente che gongola: Lotito ha pagato 67 milioni una rosa che adesso ne vale 200, il triplo.
«Siamo una grande squadra», la sentenza di Lulic. Il prossimo obiettivo è il secondo posto: «Vogliamo arrivare davanti alla Roma», dice perentorio Tare. Il ds ha indovinato tanti acquisti, da De Vrij e Biglia a Parolo e Anderson, ma il colpo migliore è proprio Pioli. Che presto firmerà il nuovo contratto biennale. E intanto l’altra notte sorrideva compiaciuto per i cori dei tremila tifosi impazziti di gioia che hanno festeggiato la Lazio a Formello. Ha convinto gli scettici esattamente come Allegri, suo rivale nella sfida del 7 giugno (ma se la Juve va in finale di Champions si giocherà il 20 maggio, a quattro giorni dal derby romano in programma il 24). L’estate scorsa, a chi gli consigliava di lasciar perdere per l’ambiente troppo elettrico e difficile, Pioli rispondeva secco: «Questa per me è l’occasione della vita, mi gioco tutto, a mollare non ci penso proprio». Ha fatto bene, altroché.