la Repubblica, 10 aprile 2015
Dopo l’annus horribilis del 2012 Mediaset è tornata al dividendo e al centro del risiko dei media in Europa. Ora Berlusconi cerca soci forti o la pace televisiva con Murdoch. I gioielli Fininvest sul mercato
Le grandi pulizie sono finite. Dopo l’annus horribilis del 2012 (chiuso in passivo di 287 milioni) Mediaset è tornata al dividendo e al centro del risiko prossimo venturo dei media in Europa. Non ci voleva l’outing di Vivendi per capirlo. Il primo segnale della svolta è arrivato con l’asta per i diritti della Champions League per il triennio 2015-2018. Una partita dove il Biscione – con una super-offerta vicina ai 700 milioni – ha ribaltato i pronostici battendo la favoritissima Sky. Il riassetto del business in Spagna, con la cessione di Digital Plus e l’ingresso di Telefonica in Mediaset Premium, ha messo un po’ d’ordine nelle attività del gruppo, chiarendo le strategie e dando una prima (ricca) stampella alla zoppicante pay-tv di Cologno. La Borsa ne ha preso atto da un po’ di tempo, regalando un inverno tutto d’oro – almeno sul fronte degli affari di famiglia – a Silvio Berlusconi: il titolo ha messo le ali, mettendo insieme negli ultimi sei mesi un guadagno dell’84%. E il valore della quota in portafoglio a Fininvest è salito da allora di ben 700 milioni.
Tamponate le emergenze finanziarie e rimessi in sesto i conti, Mediaset deve ora decidere cosa fare da grande. La ripresa della congiuntura, specie in Spagna dove nel 2014 il gruppo ha fatto 60 milioni di profitti, aiuta a essere ottimisti. Il mondo delle tv sta però cambiando e nessuno ad Arcore si illude di poter continuare a lungo a fare tutto da soli: la pay-tv è costata tantissimo, i diritti del calcio sono stati un altro salasso e con l’arrivo di Netflix & C. anche in Italia è necessario iniziare a guardarsi attorno per cercare partner con cui dividere oneri e onori. L’ingresso di Telefonica in Mediaset Premium (pagando 100 milioni per l’11,1% del capitale) è solo il primo tassello. Il Biscione è pronto ad aprire il business della pay-tv ad altri partner. Al Jazeera e Canal+ hanno già esaminato il dossier per un possibile investimento. Anche se dietro le quinte resta il sogno dello storico armistizio con Sky. Due piattaforme tv a pagamento sono troppe per il nostro paese, dicono gli analisti. E se Berlusconi e Murdoch riuscissero a dimenticare i vecchi rancori e unire le forze, avrebbero molto da guadagnare entrambi. Tutto cambierebbe, ovviamente, se la partita delle alleanze si giocasse al piano superiore. Cioè sul capitale di Mediaset. Le avances di Vivendi (come quello di Telefonica prima) confermano come le distanze tra media, tlc e internet si stiano accorciando molto rapidamente. Telecom Italia si prepara ad accogliere come azionista la holding transalpina di Vincent Bolloré, vecchia conoscenza di casa Berlusconi. E pure su questo fronte, anche se allo stato siamo alla fanta-finanza, i possibili sviluppi per il Biscione sono molti.
Il rebus, una volta, sarebbe stata l’indisponibilità di Berlusconi a mollare la presa sulle tv di casa. Gli ultimi mesi però hanno detto con chiarezza che in Fininvest non esistono più tabù. Il Milan è in vendita, Villa Certosa pure. Mondadori ha lanciato l’offerta su Rcs libri, Ei Towers si è avventurata nella stranissima (ma non troppo) Opa su Rai Way, mentre anche la partecipazione in Mediolanum, complici i diktat di Banca d’Italia, è sul mercato. Arcore, come molte altre dinastie industriali tricolori, sta approfittando del buon momento di Piazza Affari per passare all’incasso, rendendo più semplici le gestioni dei patrimoni tra le nuove generazioni. Tasto ancora più sensibile a Villa San Martino dove tra i due rami di famiglia non sempre è filato tutto liscio. A febbraio via Paleocapa ha messo sul mercato il 7,7% del capitale Mediaset senza troppe remore. E se inizierà il risiko delle tv, nessuno dubita che l’ex-Cavaliere sarà pronto a far scelte radicali anche su Cologno.