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 2015  aprile 10 Venerdì calendario

È significativo che il primo messaggio politico-istituzionale di Mattarella sia stato in difesa della magistratura, ieri di fronte al plenum del Csm. Il registro e i toni del presidente della Repubblica sono diversi da quelli di Giorgio Napolitano, che non aveva lesinato critiche ai magistrati, in qualche caso molto dure

Il cordoglio di Sergio Mattarella per la tragedia di Milano è stato immediato e le sue parole erano dense di commozione, prive della ritualità formale che talvolta domina in circostanze analoghe. Ma il capo dello Stato è andato oltre. Ha preso la parola di fronte al plenum del Csm, convocato in seduta straordinaria, e ha lanciato un messaggio politico-istituzionale. Il primo, si potrebbe dire, del suo settennato, a parte il discorso di investitura.
È un messaggio che colloca l’omicidio dello sfortunato giudice Ciampi sullo sfondo degli attacchi subiti dalla magistratura in questi anni. «Basta gettare discredito sui magistrati» dice il presidente della Repubblica con una veemenza e uno sdegno che fa giustizia una volta per tutte dello stereotipo dell’uomo algido e distaccato, mero notaio al vertice delle istituzioni. Mattarella ha dimostrato di essere un’altra persona e chi lo conosce non se ne meraviglia affatto. Si conferma che il tema della giustizia per lui è cruciale, visto che lo ha scelto per cominciare a definire l’immagine pubblica di se stesso come capo dello Stato (e quindi presidente del Csm).
Non sarebbe stato necessario, a stretto rigore di logica, convocare il “plenum” straordinario per l’eccidio provocato dallo squilibrio di un uomo che intendeva vendicare un presunto torto. Se Mattarella lo ha fatto, è stato per rendere omaggio alla magistratura e ribadire quanto aveva già detto qualche settimana fa, quando volle rassicurare le toghe a proposito della legge sulla responsabilità civile: al Quirinale egli intende garantire e difendere con tutta la determinazione necessaria l’autonomia dell’ordine giudiziario. E quindi chi lo ha «screditato» in questi anni avrà nel presidente della Repubblica un avversario intransigente.
Si tratta di un impegno molto preciso. Annunciato sullo sfondo di un fatto di sangue – benché non prodotto da una violenza politica, terroristica o mafiosa —, esso acquista una valenza solenne e dà una prima impronta pubblica al mandato di Mattarella. Certo, il capo dello Stato non ha citato i responsabili del «discredito», ma ognuno è in grado di stilare una propria personale lista con nomi e cognomi. Di sicuro Berlusconi e i suoi non hanno motivo di rallegrarsi. E non solo loro: tutti coloro, anche a sinistra, che hanno considerato eccessivo il potere acquisito dalla magistratura negli anni della politica debole, ora dovranno riflettere. Mattarella ha fatto sapere che il ritorno della politica, cioè il rafforzamento dell’esecutivo e del processo decisionale, non deve e non può avvenire a scapito dei magistrati e della loro funzione.
Sembra di capire, in altri termini, che il presidente non condivide la tesi di un sistema giudiziario che nella lunga stagione della «transizione»è andato al di là dei suoi confini. Se c’è stato conflitto con il mondo politico è solo perché qualcuno in questo ambito ha cercato di prevaricare sulla magistratura, tentando di piegarla e, appunto, di screditarla.
Inutile dire che il registro e i toni di Mattarella sono diversi da quelli di Giorgio Napolitano. C’è una differenza di fondo anche perché quest’ultimo non aveva lesinato critiche ai magistrati, in qualche caso molto dure. E più volte li aveva invitati a condividere, senza ostacolarle, le riforme che li coinvolgono, evitando di apparire all’esterno come una corporazione. Nulla autorizza a pensare che nella sostanza Mattarella voglia discostarsi dal solco del predecessore. Ma è indicativo che egli abbia voluto in primo luogo restituire fiducia al sistema giudiziario troppo a lungo coinvolto nelle polemiche. L’Italia di domani dovrà nascere dell’equilibrio dei poteri e non dal loro scontro permanente. La drammatica sparatoria al tribunale di Milano è servita per sottolinearlo.