Il Messaggero, 9 aprile 2015
Prostituzione fra tasse e casini. In Parlamento è di nuovo caos sulla regolamentazione del mestiere. C’è chi parla di preservativi, chi di fede cattolica, chi di buon costume e chi pensa ai soldi che quell’esercito di 70mila professionisti del sesso porterebbero nelle casse dello Stato
«Quando hanno approvato la Merlin gli strilloni dei giornali urlavano: “Chiusi i casini, tutti a fasse le pippe», spiazza tutti la moderatrice Annalisa Chirico, che sulla prostituzione ha scritto un libro di psico-tendenza. Accanto a lei Efa Bal, testimonial transgender annuisce. Il linguaggio è diretto e spigliato al di là dell’ufficialità del luogo. Siamo alla Camera, sala Aldo Moro.
Si può trattare la prostituzione come un qualsiasi altro lavoro? Versare contributi, sottoporsi a controlli obbligatori, iscriversi alla Camera di commercio? Ammettere che possa svolgersi anche in luoghi pubblici purché siano zone individuate dai Comuni e in casa propria ma solo in forma associata o in cooperative?
USCIRE DALL’IMPASSE
È questo il cuore della proposta bipartisan che vuole lasciarsi alle spalle la legge Merlin. Una legge datata 1958, non più in grado di fronteggiare un mercato che frutta 9 miliardi di euro l’anno, gran parte di quali finiscono nelle tasche della malavita organizzata. Un mercato che frutta e sfrutta, 60 cartelli che si dividono la torta e reinvestono i ricavi in droga, armi e corruzione. Vogliamo continuare così? I tentativi per uscire da una impasse ormai ultradecennale non si contano più, mentre il fenomeno è diventato sempre grande e diffuso. Si calcola che a vivere di prostituzione sia ormai un esercito di 70 mila “sex workers” fra uomini e donne. Per questo 25 parlamentari di estrazione e appartenenza politica diversa hanno deciso di presentare una proposta di legge bipartisan già calendarizzata a Palazzo Madama, in commissione Affari costituzionali e giustizia. Una sorta di “manifesto”, un grido di indignazione.
Il tema è stato al centro di in convegno ma vuole uscire dal Palazzo. «La Merlin nasceva dal sogno buono di abolire la prostituzione. Sogno che non si è rivelato possibile. E non possiamo farci niente ma possiamo fare molte cose per cambiare l’attuale situazione», ha introdotto Pierpaolo Vargiu, presidente della Commissione Affari sociali, esponente di Scelta civica. L’idea è che a differenza di altre volte un’iniziativa trasversale riesca a tradursi in una legge nazionale che dia regole certe all’esercizio della prostituzione, potenzi gli strumenti di lotta alla tratta e allo sfruttamento della prostituzione minorile.
SCOMUNICATA
In Parlamento almeno 70 parlamentari risultano firmatari di proposte di legge che vogliono regolamentare la prostituzione. Tanta abbondanza non si è tradotta però in nessuna proposta concreta. Per questo prima di approdare al testo bipartisan sono state sentite tutte le parti sociali. Anche i clienti e le prostitute. La prima firmataria del ddl, la senatrice democrat Maria Spilabotte, vice presidente della commissione Lavoro di Palazzo Madama, ne ha fatto una battaglia anche personale. «Sono di estrazione cattolica anche se non ho il dono della fede ma quando il parroco del quartiere in cui vivo ha saputo di cosa mi stavo occupando mi ha comunicato», ha rivelato amareggiata. Sì all’associazione in cooperativa ma no alle case chiuse. «Vogliamo contrastare la tratta e la riduzione in schiavitù – ha continuato la senatrice – la prostituzione deve essere liberamente svolta e nessuno deve trarre profitto dallo sfruttamento, non vogliamo più papponi». Il ddl prevede che nell’esercizio del proprio mestiere ci sia l’obbligo del profilattico, obbligo molto teorico. «Il 90% dei clienti chiede di non utilizzarlo». E prevede che il fisco incassi le tasse, «Renzi è uomo del fare e sono certa che non gli sfuggirà la possibilità di governare il fenomeno e mettere qualche soldo nelle casse dello Stato. L’argomento è stato affrontato sotto vari aspetti. Pia Covre ha portato il punto di vista delle prostitute, Fabio Scaltritti, presidente della Comunità san Benedetto al Porto, fondata da Don Gallo, ha portato la sua esperienza e il questore della Camera, Stefano D’Ambruoso ha posto il tema della repressione. Il professor Alberto Cadoppi, autore del libro, “Prostituzione e diritto penale” (Dike Giuridica editrice”) ha confrontato il nostro sistema con quello di altri. Con la scelta neo proibizionista adottata ad esempio in Svezia, Norvegia, Islanda. Da noi se ne parla ma è tutto fermo. Fino a ieri.