il Fatto Quotidiano, 8 aprile 2015
Breve ritratto di Francesco Simone, detto “Tom Tom”. Ecco chi è il manager cacciato dal Partito Socialista negli anni ’80, alla Farnesina con Bobo Craxi e D’Alema e da ultimo ai vertici della coop Cpl. «Mazzette? No, consulenze»
Lo chiamano “Tom Tom” perché, con le sue entrature, arriva ovunque. A Roma è arrivato dalla Puglia: è nato nella città in cui i fascisti uccisero a bastonate il socialista Giuseppe Di Vagno – Mola di Bari – ma Francesco Simone, classe 1957, nella storia del socialismo italiano è ricordato per ben altre e metaforiche legnate: viene defenestrato nella seconda metà degli anni Ottanta, nell’epoca di Bettino Craxi, dopo che il partito gli aveva affidato il compito di riorganizzare e strutturare i giovani socialisti. Il motivo? Ufficialmente non viene mai spiegato. Il Psi avvia una sorta d’indagine interna e gli avoca improvvisamente il compito. “Ci incontriamo per una riunione nazionale dei giovani socialisti – ricorda un giovane socialista dell’epoca – ma non troviamo più il nostro coordinatore. Chiediamo spiegazioni: ‘Dov’è finito Francesco Simone?’. Ci comunicano che è stato sollevato dall’incarico. Ma non ci spiegano il motivo, il che ci appare surreale, essendo noi libertari e garantisti”. Defenestrato – per motivi mai spiegati – dal partito che, nella Prima Repubblica, divenne il simbolo della corruzione: Simone deve averla combinata davvero grossa e si trasforma all’istante in una meteora.
È dal 1980 a Siena – segretario Enrico Boselli – che i giovani socialisti non celebrano più un congresso e (inclusa la parentesi Simone) si deve attendere il 1988 per celebrarne un altro: quando viene eletto Michele Svidercoschi, Simone è già un ricordo. Iniziata la scalata, viene mollato, ma lui non molla mai. Da consulente esterno, 25 anni dopo, ha scalato i vertici della cooperativa rossa Cpl, assumendo il timone delle relazioni istituzionali. Poi il 30 marzo scorso viene arrestato su richiesta della Procura di Napoli e, dopo l’arresto, la cooperativa rossa lo molla alla sua sorte. Il punto è che la sua sorte è legata a quella di parecchi funzionari pubblici: “Mi dia l’elenco dei nostri appalti” dice ai giudici, quando decide di raccontare il suo “sistema”, e sembra pronto a infilare una collana di perle: nome per nome, appalto per appalto, corruzione per corruzione. In poche ore parte un avviso di garanzia: il primo a portare in calce il timbro della sua collaborazione. È quello a Luigi Muroda Procida, anch’egli vecchio socialista, poi parlamentare di An (folgorato da Pinuccio Tatarella) ma soprattutto: consigliere comunale ininterrottamente dal 1984. Muro avrebbe ottenuto una piccola quota, tra il 10 e il 20 per cento, di una società costituita ad hoc dalla Cpl Concordia, per poi favorirne gli affari a Procida, considerati i suoi buoni rapporti con il sindaco in carica.
“L’epoca delle mazzette è finita. Oggi per addolcire i pubblici amministratori le società, come ha fatto la Cpl Concordia a Ischia, usano le consulenze”, dice Simone ai giudici. Dalla ricostruzione dei giovani socialisti alla metanizzazione di Ischia, passando per ambiti affari esteri, dal business fotovoltaico a Cuba all’industrializzazione della salsa di pomodoro in Albania: questa è la strada che Simone ha percorso fino a oggi, dopo aver lasciato la sua Conversano per la socialistissima via del Corso a Roma, dove conosce anche Claudio Martelli. L’ex delfino di Craxi ne ricorda “l’aria da guascone”, il profondo “legame con Bobo Craxi” e anche l’ultimo invito ricevuto: “All’incirca un anno fa – dice Martelli – sono stato invitato da Simone a Modena, con Walter Veltroni, per presentare il mio ultimo libro”. Defenestrato dall’organizzazione dei giovani socialisti, rientra nel giro due volte, quando si schiera con Martelli alle Europee prima, e con Bobo Craxi poi, entrando a far parte della sua segreteria. Simone, tra i due figli Craxi, sceglie Bobo, non Stefania: lo segue quando appoggia Berlusconi, ma soprattutto quando appoggia il secondo governo Prodi, diventandone sottosegretario agli Esteri quando alla Farnesina il ministro era Massimo D’Alema.
Potrebbe essere nata proprio allora, con Bobo sottosegretario, l’amicizia di Simone con D’Alema, sfociata poi negli imbarazzanti ordini di vini e libri finiti agli atti d’inchiesta. Un altro fatto è comunque certo: Simone non ha mai mollato la politica ed è riuscito, annota il Noe dei carabinieri, a costruire un “canale preferenziale sia con il segretario Pd Matteo Renzi, sia con Luca Lotti e Dario Nardella”. Nel frattempo la sua militanza craxiana, nel senso di Bobo, lo porta a stringere forti legami con la Tunisia, dove Bettino Craxi decise di terminare i suoi giorni in latitanza: “Simone nasce ‘socialista’– dice un testimone ai pm napoletani – come segretario di Bobo Craxi, che fu una delle prime persone che mi fece conoscere, e all’inizio spese questa sua conoscenza per introdurre la Cpl in Tunisia, dove i Craxi avevano forti entrature”. Il giovane socialista epurato con la Cpl si è preso la sua rivincita: “Simone – continua il teste – mi fu presentato da Saro Munafò, anche lui socialista ed ex segretario del ministro Marelli, che lavorava presso la Egn, con la quale la Cpl aveva un contratto di sviluppo commerciale. Lo chiamavamo ‘Tom Tom’, dal momento che arrivava ovunque”.