Libero, 8 aprile 2015
Così la Sicilia sta affondando con 7,5 miliardi di debiti. La Regione a un passo dal default. Per finanziare la spesa Crocetta ha chiesto altri prestiti. Il buco è aumentato di 2,5 miliardi rispetto ai 5 di fine 2013
Un bel debito da 1.500 euro a testa. Ogni siciliano, neonati compresi, si porta sulle spalle questo peso. Certo con tutti i problemi dell’isola questa è proprio l’ultima delle preoccupazioni. Nessuno, si può star sicuri, fra Ballarò e Mondello o sulle spiaggie di Ognina perderà il sonno dopo aver appreso che la Sicilia è un po’ come la Grecia. Non perchè, come dice l’antica cantilena popolare, c’è il legame “una faccia una razza”. Casomai per l’abitudine dei governanti di voler far festa con i soldi degli altri. Ad Atene con quelli dei partner europei. A Palermo con quelli delle banche. Con una difficoltà, però, che può anche risultare difficile da superare: i creditori, prima o poi, hanno l’abitudine di rivolere indietro i propri soldi.
Ed è proprio questo problema che un po’ comincia ad assillare il presidente Crocetta che, non a caso, all’inizio di aprile non è ancora riuscito a chiudere il bilancio di previsione della Regione per 2015. All’appello mancano tre miliardi che, nelle ultime ore, sembrano essersi ridotti a trecentomila euro. I miracolidella creatività. In ogni caso seppure ridotti in misura notevole i soldi continuano a mancare.
Il bilancio dell’anno scorso è stato chiuso con 1,7 miliardi presi in prestito dalla Cdp e adesso il presidente ha qualche inciampo nel chiedere ancora. Tanto più che da quando abita a Palazzo dei Normanni il debito dell’amministrazione più sgangherata d’Italia è cresciuto al ritmo medio di un miliardo l’anno. La sua giunta, operativa dal 2013 aveva trovato uno sbilancio di cinque miliardi. La tanto contestata gestione di Raffaele Lombardo a modo suo era stata rigorosa visto che nel 2009 lo squilibrio era di 4,3 miliardi. Visto quello è successo dopo si può dire che la sorveglianza sui conti pubblici era stata di stampo tedesco.
Eppure nell’estate 2012 Lombardo era stato costretto a lasciare Palazzo dei Normanni sotto la minaccia del commissariamento per eccesso di indebitamento. Chissà adesso che cosa dovrebbero dire i censori del buon costume finanzario visto che i soldi che la Regione deve restituire alle banchee sono saliti a 6 miliardi a fine 2014 e a marzo 2015 è stato toccato il record di 7,5 miliardi.
L’ex sindaco di Gela ed Europarlamentare del Pd aveva vinto le elezioni annunciando la rivoluzione amministrativa. Buon governo e rigore erano state le parole d’ordine con cui, per la prima volta da quando c’è l’elezione diretta del Presidente della Regione, la vittoria era andata ad un esponente della sinistra. Un gran risultato considerando il dentro-destra, nelle elezioni politiche del 2001 aveva vinto per 61 collegi a zero.
La rivoluzione di Crocetta, però, è durata abbastanza poco. In meno di tre anni ha cambiato tre giunte e, all’ultimo giro ha dovuto accettare un commissariamento di fatto. Come assessore all’Economia ha nominato Alessandro Baccei, uno dei collaboratori di Graziano Delrio quando stava ancora a Palazzo Chigi. I rapporti fra il Presidente e il custode del portafoglio non sono mai stati particolarmente cordiali ma il commissariamento di fatto arrivato da Roma non sembra aver cambiato le cose in misura sostanziale.
Alla base dello squilibrio c’è un equivoco vecchio di settant’anni. Per fermare il movimento autonomistico, il cui braccio armato era rappresentato dal bandito Salvatore Giuliano, lo Stato centrale aveva concesso alla Sicilia lo Statuto speciale e il diritto di trattenere le imposte raccolte sull’isola. Solo che la Regione non dispone di un proprio organo di riscossione e quindi le tasse vengono incassate dall’Agenzia delle Entrate e poi giurate a Palermo. Una procedura che, negli ultimi anni ha incontrato difficoltà crescenti perchè i trasferimenti da Roma sono arrivati a singhiozzo. Così è cresciuto il debito e anche la solidità patrimoniale della contabilità regionale.
Una parte non trascurabile delle entrate sono fasulle perchè rappresentative di erogazioni che da Roma non arriveranno mai. Se anche alle amministrazioni pubbliche si applicassero le nuove regole sul falso in bilancio è molto probabile che la Regione siciliana verrebbe chiusa dalla sera alla mattina. Forse non sarebbe nemmeno una cattiva idea. Resta il fatto che, se ci fosse un’operazione verità è il buco della Sicilia salirebbe a 21 miliardi. Il commissariamento sarebbe inevitabile. Così da anni va in scena qualcosa di molto simile all’opera dei pupi: molte parole e pochi fatti. Gran baccano per l’annuncio di operazioni chirurgiche senza precedenti, cui nella realtà non corrisponde nulla. Le opposizioni ora hanno chiesto a Crocetta di presentarsi in aula per la necessaria operazione verità. Nessuno, però, cha abbia nil coraggio di ridurre il numero dei forestali, o di tagliare i finanziamenti ai lavoratori socialmente utili. Senza contare le siringhe che a Palermo costano molto di più che a Treviso. È saltata per aria iol sistema della Formazione con l’arresto dell’esponente del Pd, Francantonio Genovese. Gli enti cercano comunque di sopravvivere.