La Stampa, 8 aprile 2015
Gli indebiti aiuti di Stato alle banche. L’Ue chiede spiegazioni a Italia, Spagna, Grecia e Portogallo
Non si tratta ancora di un’indagine formale ma di una «raccolta di informazioni». Eppure dalla lettera che l’Unione Europea ha inviato ai governi di Italia, Spagna, Grecia e Portogallo emerge il sospetto di Bruxelles: ovvero che le banche di questi Paesi, tra cui il nostro, abbiano goduto di indebiti aiuti di Stato. Come? Consentendo che le banche computassero nel loro capitale primario (in tutto per 40 miliardi) anche attivi che, nel resto dell’Eurozona, non vengono accettati allo scopo. Sono i cosiddetti «Dta», le «imposte differite attive». Sono tasse anticipate dalle banche ma che vengono recuperate negli anni successivi, crediti d’imposta relativi a perdite per lo più su impieghi (che altrove in Europa sono immediatamente deducibili) che costringerebbero – secondo l’accusa – lo Stato a intervenire in caso di fallimento della banca. Secondo l’Abi, invece, è «bizzarro» che una norma che «contribuisce a ristabilire un terreno di gioco livellato» possa essere interpretata «alla rovescia come un aiuto di Stato».