La Gazzetta dello Sport, 8 aprile 2015
C’è questo Def e relativa conferenza stampa del premier Matteo Renzi…• Come! Nello stesso giorno in cui Raul Bova attacca l’ex suocera noi ci preoccupiamo del Def? E che diavolo è il Def? Documento di Economia e Finanza, a suo tempo detto Documento di Programmazione economica e finanziaria

C’è questo Def e relativa conferenza stampa del premier Matteo Renzi…
• Come! Nello stesso giorno in cui Raul Bova attacca l’ex suocera noi ci preoccupiamo del Def? E che diavolo è il Def?
Documento di Economia e Finanza, a suo tempo detto Documento di Programmazione economica e finanziaria. Sono d’accordo con lei sulla suocera di Raul Bova, ma si dà il caso che il Def fissi i parametri entro cui si dovranno varare le finanziarie di quest’anno e dei prossimi. Cioè, quanto tassare, come tassare, dove tassare, quanto spendere, come spendere, dove spendere e in vista di quali obiettivi da raggiungere. Rendo in qualche modo l’idea? Un pezzetto del Def determina anche la sua busta paga, caro mio.
• Sì, nel senso che anche quest’anno mi toglieranno qualcosa per ingrassare la casta, gli amici della casta e gli amici degli amici della casta.
Renzi dice che non le toglieranno niente. Lo ha detto ieri in conferenza stampa: «Non ci sono tagli e non c’è un aumento delle tasse. Capisco che non ci siete abituati, ma è così».
• Ma se ho letto l’altro giorno che la pressione fiscale è aumentata di un altro decimo di punto.
Questo l’ha ricordato anche Renato Brunetta, l’economista di Forza Italia, ieri, per buttare un po’ di acqua fredda addosso al premier-segretario. Ma Renzi potrebbe risponderle: di che aumento della pressione fiscale stiamo parlando? Di quello determinato dalle politiche del passato! E io, nelle politiche del passato, non c’ero. Invece vi dico – anche se non ci credete – che adesso niente tagli e niente tasse. Anzi, «nel 2015 abbiamo ridotto tasse per 18 miliardi di euro: 10 dagli 80 euro e 8 dai provvedimenti sul lavoro. Dobbiamo aggiungerci anche i 3 miliardi di clausole di salvaguardia disinnescati: 21 miliardi in totale».
• Beh, visto che questo Def programma parecchi anni, che cosa si vede nei prossimi anni?
Il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, ricordando il quadro internazionale macroeconomico positivo, ha definito «prudente» la stima del governo. Ai giornalisti è stata mostrata una tabella, da cui si vede questo. Pil +0,7 quest’anno, +1,4 l’anno prossimo, +1,5 nel 2017, +1,4 nel 2018. Tutte stime in aumento rispetto a quelle dell’autunno scorso. Rapporto deficit/Pil, quello che secondo gli accordi di Maastricht dovrebbe stare al 3%: -2,6 quest’anno, -1,8 l’anno prossimo, poi -0,8 e infine 0 nel 2018 quando dovrebbe anche essere mantenuto l’impegno del pareggio di bilancio. È a questa sequenza di cifre che allude Fassina, uno dei leader dell’opposizione interna Pd, però, quando dice che il Def è recessivo («Manovra recessiva e iniqua»): per la sinistra questi numeri sono «ossessioni liberiste», il pareggio di bilancio è una iattura, quello che ci vuole è una politica espansiva fatta di indebitamento, deficit e inflazione, e non importa se a pagare il conto di uno sviluppo concepito così saranno poi le generazioni future. Il governo oltre tutto prevede anche un calo del debito, cioè un calo del rapporto debito/pil (che in base a Maastricht dovrebbe stare al 60%): 132,5 adesso, 130,9 l’anno prossimo, 127,4 nel 2017 e addirittura 123,4 nel 2018. Poiché il Pil crescerà, ma non troppo (vedi sopra), significa che sarà tagliata in assoluto la cifra dell’indebitamento e a questo mi risulta difficile crederlo, specie per quanto riguarda il 2018. Quell’anno si voterà e sotto elezioni non si bada a spese. Sotto elezioni anche l’Europa è più indulgente.
• Come si ottengono questi risultati «senza tagli e senza tasse»?
Renzi: «Non ci saranno tagli alle prestazioni per i cittadini, ma c’è bisogno che la macchina pubblica dimagrisca un po’ e se i sacrifici li fanno i politici o salta qualche poltrona nei consigli di amministrazione, male non fa». La cabina di regia dei tagli, passata dall’ex commissario alla Spending review Carlo Cottarelli al tandem Yoram Gugteld-Roberto Perotti, dovrebbe portare al governo 10 miliardi di risparmi quest’anno. Il problema casomai sono i trasferimenti agli Enti locali. Non so le Regioni, ma i Comuni sono sul piede di guerra e Piero Fassino, primo cittadino di Torino, in un’intervista di ieri, è stato per certi versi addirittura minaccioso. «Dopo sei anni in cui si è chiesto molto a noi e poco agli altri è giunto il momento che si chieda molto agli altri e meno a noi». Fassino è il presidente dell’Anci, l’associazione che riunisce tutti i Comuni. Secondo lui «facendo cento il debito, solo il 2,5% è imputabile agli enti locali. Facendo cento la spesa, solo il 7,5 si può attribuire ai Comuni […] Non vogliamo un euro in più, vogliamo che la forbice si fermi». E inoltre «siamo stufi di sentirci spiegare come bisogna gestire i Comuni da certi dirigenti ministeriali che non hanno mai amministrato nemmeno un condominio». Il presidente del Consiglio ha promesso di incontrarli prima di venerdì, giorno in cui il consiglio dei ministri varerà il Def definitivo. Quello illustrato ieri era infatti soltanto una prima bozza del documento.