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 2015  aprile 07 Martedì calendario

Analisi del fenomeno Periscope. Twitter & video: tutti pazzi per la diretta tra ansia e marketing. La nuova app per gli esperti «genera la paura di essere esclusi»

Pubblicare foto, selfie, pensieri, teorie, stati d’animo, video, tweet. Comunicare dove ci si trova e con chi, la musica ascoltata, i libri letti, i film visti, i programmi televisivi preferiti, le scuole frequentate, gli sport praticati, le ricette cucinate. Contare i Like ricevuti, i “mi piace” a una pagina, i gruppi frequentati, gli eventi presieduti, i sondaggi votati, i ristoranti recensiti. Addirittura ricostruire gli spostamenti dell’ultimo anno. Far conoscere agli altri tutto questo non basta e così Twitter ha pensato di lanciare Periscope, un’applicazione gratuita che ha pagato 100 milioni di dollari e che permette di trasmettere video in diretta con lo smartphone. Si scarica la app, si accede con le credenziali di Twitter, si acquisiscono i follower, si attiva la videocamera e si mostra il video nel momento stesso in cui lo si registra. Navigando per qualche ora su Periscope, si incontra Arnoud. È francese, ha vent’anni e suona la chitarra nella penombra della sua camera. Angie, invece, mostra ai suoi follower un tramonto a New York, dal 50 esimo piano del suo appartamento di Manhattan: “Non me ne andrò mai da qui”, sussurra ai suoi contatti. Lucrezia cucina un tacchino ripieno e David si addormenta con la telecamera accesa. Decine di utenti aprono il loro frigo davanti all’obiettivo e, in Italia, Fiorello ha esibito le suppellettili siciliane della mamma. J-Ax ha trasmesso i suoi dietro le quinte, Renzi l’intervento alla direzione Pd e il cardinale Angelo Scola l’omelia di Pasqua. Dopo una sola settimana dal lancio, Periscope aveva già registrato una media, destinata a crescere, di 17 mila streaming al giorno. “Su Peri-scope – spiega al Fatto Vincenzo Cosenza, strategist e responsabile della sede romana di Blog-Meter (società di analisi delle conversazioni in rete e delle interazioni sui social media) – le trasmissioni sono immediate e poco pensate. Si preme un tasto e si va in onda: è la risposta digitale alla voglia di assistere alla normalità della vita, di sapere cosa fanno gli altri. E anche a quella di mostrare la propria”. Il sito Younow, ad esempio, ha cento milioni di visitatori al mese: i teenager accendono la telecamera del computer o del telefono, inquadrano la loro cameretta e raccontano cosa hanno fatto a scuola o, semplicemente, ballano e cantano. E mentre i social network cercano di “diventare internet, ovvero di offrire ai propri utenti qualsiasi cosa si possa desiderare sul web, trattenendoli il più possibile sulle piattaforme”, spiega Cosenza, ci si deve chiedere se le nuove applicazioni soddisfano un bisogno reale o se, invece, contribuiscano a crearlo ricorrendo alle debolezze degli utenti. “I social network si evolvono insieme alla tecnologia – spiega Cosenza -. Oggi abbiamo telefoni molto potenti, che riescono a processare le immagini in tempo reale. I server hanno sviluppato tecnologie che facilitano lo streaming in diretta ed è chiaro che l’intento di Twitter sia attirare sulla piattaforma nuovi utenti, soprattutto quelli abituati all’immediatezza delle immagini”. E anche quelli affetti dall’ansia da social. Andrew Przybylski dell’università di Oxford e i ricercatori dell’Università californiane di Rochester e di Essex hanno dimostrato che esiste una forma di ansia legata ai social network e che corrisponde all’aumento della Fomo (Fear of missing out), la paura di essere tagliati fuori da eventi sociali, dalla vita degli altri e dalle nuove tendenze. “I social network soddisfano il bisogno di connessione insito in ognuno. È possibile però che con il tempo scemi l’effetto ‘novità’ e subentri l’effetto noia”. Tradotto: Periscope non dura per sempre e probabilmente cambierà forma. “Prima, si poteva girare il filmino della prima comunione dei nipoti o scattare foto e creare diapositive – spiega Enrico Menduni, professore ordinario di Media e comunicazione all’Università Roma Tre – Si invitavano i parenti per pranzo e, dopo il caffè, quando erano tramortiti per il troppo cibo, si proiettava il filmino a tradimento. Adesso, tutto è immediato: trasmissione e visualizzazione sono simultanei. E gli editori e le aziende hanno perso il loro ultimo baluardo: quello della trasmissione in diretta”. Youtube ha aperto la strada al cambiamento e con la diffusione dei video è aumentato il bisogno di mostrarsi e raccontarsi. “È scomparso anche l’aspetto romantico di chi creava queste tecnologie: non c’è più il genio incompreso di Steve Jobs, né l’unicità di Bill Gates. Non è più l’era del nerd solitario Zuckerberg: le app sono prodotti aziendali. Nascono in officine creative, ma seguono le regole del profitto”.