La Stampa, 7 aprile 2015
«Le gite scolastiche sono sempre state pericolose ma negli ultimi anni lo sono diventate molto di più». L’allarme di Mario Rusconi, vicepresidente dell’Associazione nazionale presidi: «I danni dei ragazzi amplificati da Internet e dai social»
«Le gite sono sempre state pericolose ma negli ultimi anni lo sono diventate molto di più», avverte Mario Rusconi vicepresidente dell’Associazione nazionale presidi.
Come mai?
«I ragazzi hanno strumenti molto potenti che permettono di sfuggire più facilmente ai controlli e di provocare conseguenze molto più devastanti con le loro mascalzonate».
I telefonini?
«Sì. Scrivere su un monumento si faceva anche venti anni fa nonostante fosse proibito pure allora. Ma oggi la foto del gesto viene pubblicata sui social network e a subirne immediatamente le conseguenze sono anche i professori su cui si scarica la responsabilità dei ragazzi».
E i genitori non sono di grande aiuto in questi casi.
«Da venti anni i genitori sono il peggior nemico dei professori. Molti di loro sono responsabili ma molti di più non lo sono, difendono ogni nequizia dei figli. Non si rendono conto che ci sono degli obblighi da rispettare, in particolare alle Superiori, dove i ragazzi hanno più di 14 anni, e gli atti non sono solo di bullismo ma vere e proprie mascalzonate anche abbastanza gravi».
Quali?
«Quando il preside ha sentore che ci possa essere una responsabilità penale in un gesto deve segnalarlo all’autorità giudiziaria. Non le si può trattare come ragazzate o goliardate, sono atti delinquenziali. Le scuole intervengono con sanzioni come le sospensioni ma anche chiedendo ai ragazzi atti riparatori, ad esempio mandandoli in strutture come la Caritas o Emergency».
Quanto sono cambiate le gite negli ultimi anni?
«Non sono più gite. Si chiamano viaggi d’istruzione e non è solo una questione filologica. Devono essere visite destinate a dare nuove conoscenze agli studenti, vanno preparate in modo che i ragazzi sappiano che cosa vanno a vedere da un punto di vista artistico e culturale altrimenti si tratta di una gita fuori porta».
Ma le scuole fanno davvero questo lavoro?
«Le scuole dovrebbero fare molto di più. Dovrebbero preparare i ragazzi sulla cultura del luogo ma anche sulle conseguenze di eventuali loro comportamenti. Bisogna chiarire a che cosa vanno incontro se la sera decidono di fuggire dall’albergo o di organizzare un pigiama party. E poi le mete devono essere scelte dai professori».
Non sono loro a sceglierle?
«Spesso sono i ragazzi che in consiglio di classe impongono i luoghi dove vogliono andare, come Barcellona dove sanno che di sera è più facile scatenarsi. Per fortuna ci sono meno soldi, le gite all’estero sono sempre più difficili da organizzare. Solo se ci sono queste condizioni preliminari la scuola ha fatto il suo dovere nell’organizzare il viaggio d’istruzione altrimenti diventa una ’bambinaia’ e abdica al suo ruolo».
Visite d’istruzione o gite, la formula è in crisi. Da tempo sono in calo.
«La crisi non è solo economica. C’è anche minore disponibilità da parte dei docenti. Lo Stato ha cancellato la diaria, i professori devono assumersi la responsabilità di una classe 24 ore su 24, senza alcuna remunerazione in più. È follia pensare che tutti accettino. Non hanno alcun obbligo e, infatti, sono sempre di più quelli che si rifiutano. Spesso ad accompagnare i ragazzi sono i precari con poca esperienza aumentando i rischi. Purtroppo nel ddl ora all’esame della Camera non c’è nulla su questo punto. Il governo avrebbe dovuto ripristinare la diaria e inserire i viaggi d’istruzione fra le attività obbligatorie degli insegnanti. Li renderebbe meno pericolosi».