la Repubblica, 7 aprile 2015
Quei cinquanta volontari morti in Siria di cui nessuno tiene conto. L’urlo di Francesco Rocca, presidente della Croce Rossa italiana
Il presidente della Croce Rossa italiana, Francesco Rocca, è furioso: i volontari di Croce Rossa e Mezzaluna Rossa uccisi in Siria sono ormai cinquanta, e lui denuncia di averli «contati urlando a una platea sorda». L’ultimo si chiamava Ibrahim Eid. Rocca ha ragione. La sordità è effettiva. Niente dovrebbe sgomentarci più dell’assassinio di soccorritori inermi, il cui ruolo è ben segnalato da simboli universalmente noti. Ma di questa specifica strage, che certifica l’efferatezza della guerra civile siriana e più in generale della guerra di religione mossa dal jihadismo al resto del mondo, si parla pochissimo. Non è una giustificazione, ma può darsi che aggiornare la contabilità degli episodi sadici, degli atti di genocidio, delle torture su prigionieri e ostaggi indifesi sia diventato troppo difficile. Quasi impossibile. L’impressione è che siamo di fronte a una degenerazione della guerra (perfino la guerra può degenerare), ormai sottratta a qualunque regola o convenzione internazionale, destatalizzata e dunque ulteriormente imbarbarita, guerra per bande di ultras religiosi, branchi di giovani maschi impazziti con predicatori sadici che li indottrinano. La sola costante è il lucro dei mercanti di armi, uno spaccio da miliardi di euro che gli umani superstiti, tra qualche secolo, ricorderanno come un abominio perfino peggiore del narcotraffico.