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 2015  aprile 02 Giovedì calendario

Miracolo in Portogallo. Capo Verde, l’ex colonia umilia i maestri a suon di gol. La rivincita quarant’anni dopo l’indipendenza. Che fosse un’amichevole, poco importa. Che i grandi avessero lasciato a casa i migliori, men che meno. Il dolce sapore di un successo che si fa storia rimane

Una pagina di storia, seppur di retroguardia. È così, quando ex colonizzati si fanno beffe della madrepatria d’un tempo. Una piccola rivincita, a suon di gol. Che fosse un’amichevole, poco importa. Che i grandi avessero lasciato a casa i migliori, men che meno. Il dolce sapore di un successo che si fa storia rimane: Portogallo–Capo Verde 0-2, il risultato che non t’aspetti e che in un angolo del mondo qualcuno agognava. Certo, c’è chi in passato ha fatto di meglio. Come il Senegal, che nel 2002 inaugurò il Mondiale nippo-coreano col botto, facendo piangere la Francia (ma pure gli Usa che superarono l’Inghilterra ai Mondiali brasiliani del 1950 e l’Algeria che sconfisse la Francia ai Giochi del Mediterraneo del 1975), che un tempo sul paese dell’Africa nera esercitava il potere.
Fra tre mesi la ricorrenza
Stessa storia, tra Portogallo e Capo Verde. Per 5 secoli, 10 isole al largo del Senegal e poche centinaia di migliaia di abitanti sottomessi alla madrepatria, che almeno inizialmente fece di quei puntini in mezzo all’oceano un centro di smistamento di schiavi. Una vita soggiogata al Portogallo. Fino al gran giorno dell’indipendenza: tra 3 mesi esatti saranno 40 anni dallo storico accordo, che chiuse un lungo capitolo e ne aprì un altro, in capo alla battaglia (mai cruenta, come nel caso dell’Angola) condotta dal Partito Africano d’Indipendenza di Guinea e Capo Verde. È quando dipendi da altri, malgrado il tuo volere, che non vedi l’ora di prenderti la rivincita, qualunque essa sia. Anche su un campo di calcio, 40 anni dopo. Anche se i rapporti non sono tesi come una volta. Se poi sei Davide e i rivali Golia, la soddisfazione è maggiore.
La legge del campo
E in campo era così: un nano e un gigante (pur senza Ronaldo e altri titolari), un Paese con meno di 600 mila abitanti e un altro che ne ha 20 volte di più, un Paese con pochi praticanti e uno che ne accoglie una parte relegandoli spesso nelle serie inferiori, una squadra che ha bisogno di collette per viaggiare e un’altra che gira il mondo, una nazionale reduce da una deludente Coppa d’Africa (3 pareggi e un solo gol alla seconda apparizione) e una che vuole la qualificazione a Euro 2016. Capo Verde, però, qualcosa dall’ex madrepatria deve aver imparato, almeno nel calcio. Classifiche Fifa scalate, fino alla 38ª posizione, non un numero da cenerentola. E se un tempo si pubblicavano annunci per cercare all’estero giocatori eleggibili, ora li si trova in casa: 15 su 19 nati a Capo Verde, tra i protagonisti dell’impresa. La differenza resta, ma per una notte non s’è vista: 0-2 per l’agognata rivincita. Capoverdiani in festa, lusitani tristi, tranne uno, Rui Aguas, che ha lasciato il Portogallo per sedersi sulla panchina di Capo Verde.