Il Messaggero, 2 aprile 2015
Dopo due anni e mezzo di tormenti al Senato arriva il primo sì al falso in bilancio, ma sulle intercettazioni è di nuovo bufera. Gratteri, presidente della commissione voluta da Renzi per la revisione della normativa antimafia: «La pubblicazione arbitraria degli ascolti diventi reato»
Il primo sì al Senato arriva dopo un iter tormentatissimo durato due anni e mezzo: 165 favorevoli, 74 contrari, 13 astenuti. E se l’approvazione del disegno di legge anticorruzione, che ripristina il reato di falso in bilancio, ha registrato momenti di tensione, una nuova bufera si annuncia in materia di intercettazioni. Ieri, la protesta grillina si è espressa con un’astensione (che a Palazzo Madama equivale a un voto contrario) proprio sull’articolo che prevede pene fino a cinque anni per chi trucchi i conti delle società non quotate. M5S avrebbe voluto una linea più dura.
I NUMERI
Alla fine a fare la differenza sono stati tre soli voti. Ma il provvedimento, che ora passa alla Camera, prevede anche una stretta sui reati di mafia, condanne più pesanti per chi corrompe e si fa corrompere nella pubblica amministrazione e, soprattutto, allunga i tempi della prescrizione. «È la volta buona», dice soddisfatto il premier Matteo Renzi. All’unisono l’Anm e il presidente del Senato Pietro Grasso: è «un passo avanti significativo ma resta molto da fare». Il sì di non era affatto «un traguardo scontato», commenta il ministro della Giustizia Orlando. Adesso il dibattito politico virerà sulle intercettazioni.
GLI ASCOLTI
Il Guardasigilli punta a far approvare la delega contenuta nella riforma del processo penale. Ma nel frattempo una nuova proposta, destinata a suscitare una bufera, porta la firma di Nicola Gratteri, presidente della commissione voluta da Renzi per la revisione della normativa antimafia. Non solo un nuovo reato, relativo alla pubblicazione «arbitraria di intercettazioni». Ma anche il divieto per i pm di inserire le conversazioni integrali negli atti giudiziari. Le misure messe nero su bianco dal procuratore aggiunto di Reggio Calabria e inviate a Palazzo Chigi cancellano la possibilità di inserire trascrizioni integrali a meno che «la riproduzione testuale non sia rilevante a fini di prova». Tutte misure che, secondo Gratteri, sono in grado di garantire il diritto di difesa e la riservatezza. Se il governo, attraverso il Guardasigilli Orlando, assicura che non intende limitare il ricorso delle intercettazioni, la proposta Gratteri va ben oltre e prevede che gli ascolti siano consentiti solo quando sussistano «indizi di reato» e siano indispensabili per le indagini. «Un passaggio per superare il regime speciale che contraddistingue i reati di criminalità organizzata». Anche perché, scrive Gratteri, «la ricerca della prova non richiede mezzi diversificati a seconda del tipo di reato cui si riferiscono le indagini». Resta da vedere quale strada prenderanno queste proposte. Certamente non quella decreto perché – dice Orlando – «non c’è alcuna esigenza di accelerare». Dopo le ultime inchieste che hanno portato”discovery” delle conversazioni di Lupi e D’Alema (entrambi non indagati), non è solo la politica a chiedere maggiore rigore. Il vicepresidente del Csm, Giovanni Legnini, ritene «opportuno» un intervento del legislatore, non per «limitare l’intervento della magistratura» né per «mettere il bavaglio alla stampa», ma per tutelare «l’onorabilità e la riservatezza delle persone non indagate».
FALSO IN BILANCIO
Tonando al ddl anticorruzione, la più grande novità riguarda il falso in bilancio. Le false comunicazioni, nelle società quotate in borsa, saranno punite con pene fino a otto anni, che rendono possibili eventuali intercettazioni non consentite, invece, per le società non quotate, i cui amministratori che trucchino i conti rischiano fino a 5 anni. Stretta sui reati di mafia. E per i corrotti che vogliano patteggiare sarà necessaria la restituzione del prezzo o del profitto del reato.