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 2015  aprile 02 Giovedì calendario

La raccolta firme contro Nunzia De Girolamo. «Renzi mi destesta e io detesto essere la protagonista del suo fotoromanzo. Vuole la mia testa perché non sono disposta a farmi mettere il guinzaglio. Io ad andarmene ci metto un attimo. Mi sono dimessa da ministro, figuriamoci se m’aggrappo alla poltrona di capogruppo...»

Martedì pomeriggio, ore 16.30, Montecitorio.
Nunzia De Girolamo, capogruppo di Area popolare (Ncd-Udc) alla Camera, sta parlando al telefonino (il testo del colloquio è da ritenersi fedele perché è lei stessa a riferirlo).
«Luigi, ciao, sono Nunzia... Scusa se ti disturbo, vorrei solo chiederti se...».
Luigi Casero, viceministro dell’Economia: «Eh... lo so, Nunzia mia... so tutto... e mi dispiace troppo...».
De Girolamo: «Luigi, scusa: ma ti dispiace di cosa?».
Casero: «Come di cosa? Delle firme che stanno raccogliendo contro di te, no? Vogliono toglierti l’incarico di capogruppo, Nunzia mia... ma... ma... ma che non lo sai? Beh, comunque, te lo dico con il cuore: io non posso farci niente, è Angelino che sta gestendo tutto».
Casero sente che alla De Girolamo va via la voce ed evita di entrare nei dettagli. Però i dettagli, in qualche modo, li intercetta l’ Huffington Post. Alfano sta telefonando, personalmente, a tutti i suoi deputati: promotore d’un qualcosa di molto simile a una raccolta di firme contro la De Girolamo.
Di più: alcuni deputati raccontano che quando hanno ricevuto la telefonata di Alfano, sotto, come in un rimbombo, c’era anche la voce di Matteo Renzi (sembra testimonianza attendibile a molte fonti: del resto è impossibile che i parlamentari siano così suggestionati da sentire la voce di Renzi, se Renzi non c’è).
Ieri pomeriggio, da un luogo imprecisato di Roma.
La voce di Nunzia De Girolamo arriva non più rotta, nervosa. «Nostra signora del Sannio», come la chiama il sito Dagospia, ha messo in ordine la scena e sta andando ad incontrare il suo segretario, Angelino Alfano.
«Sì, è Renzi che chiede la mia testa. Forse perché non sono disposta a farmi mettere il guinzaglio. Comunque sto andando a parlare con Angelino. Risentiamoci tra un paio d’ore».
La De Girolamo – 39 anni, da Benevento, una figlia con il deputato del Pd Francesco Boccia, anch’egli antirenziano militante – ha piglio e orgoglio, è scaltra e veloce. Politicamente non sofisticata ma concreta: sa sempre dov’è il bene (suo), riconosce il pericolo.
Per dire: arriva in Parlamento da amazzone berlusconiana e subito il Cavaliere la onora (insieme alla collega Gabriella Giammanco) di un biglietto galante di quelli che scriveva quando non era ancora fidanzato in casa. Ma poi è forse la prima a capire quando cambiano le cose a Palazzo Grazioli e la senatrice Maria Rosaria Rossi, dai fittiani detta «la badante», stila l’elenco delle indesiderate e degli indesiderati (l’elenco scaturisce da motivazioni varie: val la pena ricordare che Daniele Capezzone, a differenza della De Girolamo, sembra ci sia ad esempio finito dentro anche per la storia, mai smentita, di Dudù, il cagnolino della Pascale, che gli abbaiava fino a trasfigurarsi).
Decisioni prese di pancia, istinto di sopravvivenza contadina (la famiglia è proprietaria di una celebre azienda vinicola): guardare il cielo, vedere le nuvole, mettersi al riparo. Così la De Girolamo segue Alfano dentro Ncd, così si dimette da ministro delle Politiche Agricole (gennaio dello scorso anno: polemiche per una storia sgradevole di mozzarelle e appalti alla Asl di Benevento).
Ecco, un tipo così: con Alfano, starà urlando?
Ore 19
Cosa vi siete detti?
«Mhmm... il colloquio è secretato. Certo...».
Coraggio.
«Beh, m’auguro che Angelino non esegua gli ordini di Renzi. Perché no, dico: noi di Ncd non siamo mica una corrente del Pd...».
Veramente numerosi testimoni sostengono che a telefonare sia stato...
«Proprio lui, Angelino. Lo so. Leggo anche io. E mi dicono che però quelli dell’Udc si sarebbero rifiutati di firmare...».
Brutta vicenda.
«Tempo sprecato, mi creda».
Si dimette?
«Faccio passare la Santa Pasqua e poi convoco una bella assemblea del gruppo parlamentare: sono i colleghi che devono dirmi cosa fare. Io ad andarmene ci metto un attimo».
Non ci credo.
«Mi sono dimessa da ministro, figuriamoci se m’aggrappo alla poltrona di capogruppo...».
È Renzi che la detesta.
«E io detesto essere una protagonista del suo fotoromanzo».