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 2015  aprile 02 Giovedì calendario

La procura di Roma vuole indagare sul M5S per i disordini in Aula durante lo Sblocca Italia. Ma Pietro Grasso la ferma e commenta: «Mai avrei pensato di dover difendere le prerogative costituzionali del Senato da alcuni senatori che invece di rivolgersi ai propri capigruppo si sono rivolti alla procura, discononscendo l’autorità e la competenza del Senato»

Luigi Di Maio non sa «se ridere o piangere». Resta il fatto, aggiunge, «che denunciano noi e arrestano sempre loro». Il vicepresidente della Camera, che oggi sarà a Napoli in Procura per un’altra vicenda (quella di Ischia, collegata a Massimo D’Alema, non indagato), si riferisce a un’inchiesta della Procura di Roma contro il Movimento 5 Stelle, avviata in seguito ai disordini che si verificarono in Aula durante lo «Sblocca Italia», il 5 novembre scorso. Inchiesta nata da un esposto firmato da nove parlamentari di cinque partiti (la Procura indaga per interruzione di esercizio di organi costituzionali). Ma, nonostante sia tirato in ballo dai 5 Stelle in modo non amichevole, è proprio il presidente del Senato Pietro Grasso a prendere le loro difese. E rende noto di aver scritto il 23 marzo alla Procura di Roma «per affermare il difetto assoluto di giurisdizione della magistratura ordinaria sulla condotta dei senatori nell’esercizio delle loro funzioni».
Uno stop alla procura che viene accompagnato dalla citazione della sentenza della Corte costituzionale 379 del 1996, secondo la quale «l’attività posta in essere dai membri delle Camere non può formare oggetto di attività inquisitiva del pm, né di accertamento da parte dei giudici». Insomma, l’opposizione in Aula, anche nelle forme estreme dell’ostruzionismo, resta di esclusiva competenza delle Camere. A ulteriore conferma, Grasso aggiunge: «Con spirito di leale collaborazione ho mandato alla procura il resoconto stenografico che dava atto delle sanzioni, ritenendo che ciò sarebbe stato sufficiente a chiudere la questione. Mai avrei pensato di dover difendere le prerogative costituzionali del Senato da alcuni senatori che invece di rivolgersi ai propri capigruppo si sono rivolti alla procura e, con la loro denuncia, hanno disconosciuto l’autorità e la competenza del Senato che ha invece agito tempestivamente per sanzionare i responsabili». Dalla Procura ufficialmente non commentano, ma quando sarà il momento valuteranno se ci sono i margini per sollevare un conflitto di attribuzione davanti alla Corte costituzionale.
I senatori che hanno chiesto l’avvio dell’indagine, con l’esposto, sono Gabriele Albertini (Ap), Lucio Barani (Gal), Enrico Buemi (Psi), Stefano Candiani (Lega), Franco Conte (Ap), Nadia Ginetti (Pd), Carlo Giovanardi (Ncd), Fausto Longo (Autonomie) e Stefania Pezzopane (Pd).
Della vicenda i parlamentari a 5 Stelle erano completamente all’oscuro. L’apprendono in Aula dal senatore forzista Giacomo Caliendo, che spiega come «alcuni senatori sono stati convocati dalla Procura per colpa vostra». I 5 Stelle protestano. Andrea Cioffi: «Se è un attacco per intimidirci, non ci fermeranno». Alberto Airola si dice pronto: «Questa è l’Italia. Che vengano pure i carabinieri, io sono pronto». Il blog di Grillo coglie al balzo l’occasione e lancia l’hashtag «#denunciatecitutti»: «In un Parlamento pieno di corrotti e di indagati, tutti i partiti si mettono insieme per andare in Procura».
Nel pomeriggio, intanto, era stata bocciata dalla giunta per le elezioni di Montecitorio la proposta del relatore Giuseppe D’Ambrosio (M5S) di convalidare i deputati eletti senza premio di maggioranza. Dopo la sentenza della Corte sul Porcellum e sul premio di maggioranza, volevano la convalida solo dei 450 deputati «che sarebbero eletti sia col Porcellum che col Consultellum».