Corriere della Sera, 2 aprile 2015
L’Isis arriva a Damasco e conquista il campo profughi palestinese. E Hamas si ritrova nello stesso campo con l’Olp, l’Iran, gli Stati Uniti e il resto del fronte impegnato nella guerra contro lo Stato Islamico. I nemici di ieri diventano alleati e viceversa
Lo Stato Islamico (Isis) riesce a conquistare larga parte del grande campo profughi palestinese di Yarmuk, nell’area urbana di Damasco. Un duro colpo per il regime di Bashar Assad. Da oltre un anno il presidente siriano sosteneva di aver espulso i «terroristi» dalla regione della capitale. Ma ora se li ritrova posizionati a meno di otto chilometri dal centro. Tutti i palazzi del governo, compreso i comandi militari e la zona presidenziale, entrano nell’area di tiro dei mortai leggeri in mano alla guerriglia jihadista. Al momento si sta combattendo strada per strada. Una battaglia urbana a pieno titolo.
Yarmuk, sebbene sia formalmente ancora un «campo profughi», è in realtà un quartiere moderno a tutti gli effetti, con ampi negozi, alti palazzi, zone residenziali, scuole, ospedali e centri commerciali. Non a caso viene definito «la capitale dei palestinesi della diaspora». Creato con l’aiuto delle Nazioni Unite nel 1957 per accogliere i profughi palestinesi fuggiti dalle loro case durante la guerra per la nascita dello Stato di Israele nel 1948, prima dello scoppio della guerra civile siriana quattro anni fa era abitato da circa 150.000 persone. Tuttavia, specie dopo i devastanti combattimenti tra milizie ribelli contro militari siriani e gruppi palestinesi loro alleati a partire dall’estate del 2012, si sono ridotti a meno di 20.000. La zona è stata per lunghi periodi irraggiungibile anche per gli aiuti umanitari: mancano cibo, acqua ed elettricità.
L’avanzata di Isis ha implicazioni importanti e riflette il confuso e spesso contraddittorio mutare degli equilibri regionali. Isis è infatti aiutato sul terreno dai combattenti del gruppo qaedista Al Nusra determinato a eliminare una volta per tutte i guerriglieri di Hamas, la formazione fondamentalista palestinese a sua volta decisa a vendicare l’assassinio tre giorni fa del suo leader, Yehia Hawrani, pare per mano di Al Nusra. Tra le conseguenze più peculiari del nuovo scenario è che al momento Hamas si trova nello stesso campo con l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (Olp), l’Iran, gli Stati Uniti e il resto del fronte impegnato della guerra contro Isis. I nemici di ieri diventano alleati e viceversa. Sino a poco tempo fa il campo palestinese era infatti diviso tra Olp filo-governativo e Hamas (inquadrato nelle brigate Aknaf Beit al-Maqdis) pro-ribelli. Ma il radicalismo ideologico e l’estrema crudeltà dimostrati da Isis li ha convinti a ricompattare i ranghi. D’altro canto, anche i jihadisti vedono grandi mutamenti al loro interno. I bombardamenti della coalizione alleata a guida americana stanno creando enormi difficoltà. Dopo la grave sconfitta sofferta contro le milizie curde siriane nella cittadina di Kobane, l’Isis sta ora subendo molte perdite anche nella battaglia per Tikrit, nel cuore dell’Iraq sunnita. Ieri il premier iracheno Haider al Abadi si è recato tra le rovine fumanti della città per dichiarare la «vittoria» dei suoi soldati assieme alle milizie sciite e i rinforzi inviati da Teheran. In verità, a Tikrit si registrano ancora nidi di resistenza, ma Isis pare battuto, con centinaia dei suoi uomini in ripiegamento su Mosul.
Non è strano che i jihadisti cerchino così di allargarsi alle zone controllate dall’esercito di Assad, dove gli aerei della coalizione a guida Usa non operano. Al Nusra sabato scorso ha catturato la cittadina di Idlib, rendendo così molto più complicato all’esercito siriano di rifornire i propri contingenti impegnati nella battaglia per Aleppo e contro Isis al confine con la Turchia. Combattimenti importanti si registrano anche nel sud del Paese, non lontano dalle alture del Golan e verso la Giordania, dove Al Nusra è particolarmente radicata. La situazione si è fatta talmente tesa che la Giordania ha deciso di chiudere il confine. Nelle ultime ore è stato vietato il passaggio all’unico valico con la Siria ad Al Nasib.