la Repubblica, 2 aprile 2015
La moglie di D’Alema, Linda Giuva, nell’azienda vinicola La Madeleine: «Lavoriamo onestamente, basta insulti. Abbiamo avuto in queste ore un’impennata di ordini inimmaginabile. Ex malo bonus!»
Ma quando arrivano i vigneti di D’Alema?
Ancora giù per qualche chilometro, in fondo a destra, dice la anziana signora affacciata all’uscio del suo casale. «Si riconosce subito: è la tenuta più bella». Filari di viti a perdita d’occhio, declivi verdissimi, ancora giravolte, neanche un’indicazione stradale, un cartello. Poi però, improvvisamente, ecco La Madeleine, l’azienda vinicola di Massimo D’Alema. Una magione a due piani, color rosso vinaccia, con accanto una dependance incastonati in 15 ettari di terreno, di cui 6,5 impegnati a vigneto. Un Eden. Subito accorrono minacciosi due cani. Un operaio ha capito tutto: «Ingresso vietato», spiega da dietro il cancello. Anche per comprare il vino? «Non lo vendiamo direttamente. Deve contattare via internet la signora Giuva, la moglie dell’onorevole, ma tanto non la autorizzerà». Linda Giuva, archivista, da sette anni gestisce la proprietà, intestata ai figli Giulia e Francesco. Mentre mandiamo la nostra petizione via mail, i cani abbaiano se possibile con più forza. Del resto di uno dei due, Aiace, l’ex capo della sinistra aveva confessato ad Alain Friedman: «È buonissimo, ma se percepisce il pericolo può uccidere».
Dottoressa Giuva, è possibile visitare la tenuta? «No».
Perché?
«In genere sono molto inclusiva, ma ora sono molto dispiaciuta di come la stampa sta trattando l’argomento. Inoltre non le darei maggiori informazioni di quelle che può trovare sul sito».
Il suo stato d’animo è comprensibile, ma non è il caso di dire qualcosa?
«Anche io vorrei fare il mio lavoro di produttrice di vino, onesta e laboriosa, senza dover essere inseguita da insulti e basse insinuazioni» Non è pubblicità? «Infatti abbiamo avuto in queste ore un’impennata di ordini inimmaginabile. Ex malo bonus!» Il fattore fa una smorfia compiaciuta. «Che avevo detto?», sembra pensare.
Nessuna insegna esterna, puro understatement. L’azienda di Massimo D’Alema, che produce per autodefinizione «un vino buonissimo», sta nel territorio di Narni, ma il centro abitato più vicino è Otricoli, e fa da balcone alla Madeleine. Qui tutti conoscono «Massimo». Prendono con lui il caffè la domenica, lo accompagnano sul corso. «Massimo» ha portato un po’ di benessere. Il vigneto era un allevamento di bovini quando i coniugi D’Alema l’acquistarono, «con lo sguardo rivolto al futuro dei figli», attratti anche da quell’elegante riferimento proustiano appiccicato dai vecchi proprietari. «Se vuole acquistare i nostri rossi deve bussare da Fabrizio Nunzi, il macellaio del paese», era stata la raccomandazione della professoressa Giuva.
«Eccoli qua». Nunzi fa scivolare la mano sulle quattro bottiglie esibite in bella vista sul bancone. «Li vendo solo io, eh». Le Sfide, senza solfiti, 12 euro, il Narnot («questo è speciale») e il Pinot nero a 30 euro, lo spumante Nerosé, 18 euro. Nunzi votava per Berlusconi, ma ora con D’Alema si danno del tu. «Lui mi chiama e io gli preparo il filetto, la coppa di testa o il capocollo, di cui è ghiottissimo. Qualche volta viene il fratello, che è uguale a lui». D’Alema è arrogante? Qui Nunzi ha qualche esitazione. «Lo pensavo anch’io prima di conoscerlo, invece è un uomo senza spocchia. Doveva vederlo ad agosto alla sagra, Il Vinotricolando, sembrava uno di noi: era lì con il suo banchetto, fermava le persone. Le ombre dell’inchiesta di Ischia, le duemila bottiglie alla coop finita sotto accusa? «Non ci credo! Il suo vino davvero è buono, lo vogliono in tanti, e dopo questo polverone, ancora di più. Sa vero chi è l’enologo di D’Alema?». E qui lo sguardo di Nunzi ha un lampo di illumi- nazione. «Riccardo Cotarella, il numero uno in zona».
«D’Alema è una persona esemplare», giura pure il vicesindaco Tiziano Ceccotti, 39 anni, impiegato, con una storia di centrodestra, ma rappresentante di una civica senza colore, guidata da un ex questore, «perché in un paese di 1900 abitanti il dualismo tra destra e sinistra è finito da un pezzo». «Io con lui ho parlato tre volte e mai di politica. Discutiamo di agricoltura, di turismo, di sviluppo. Lui ha scelto questo posto perché vuole rilassarsi. Delle intercettazioni non mi sono fatto nessuna idea, ma è normale che chi faccia politica possa essere attaccato dai giornali. Vede, io non ho mai condiviso le sue idee politiche, ma ora lo ammiro: uno che ha fatto la sua carriera ha una marcia in più».
Una volta D’Alema definì i suoi quattro vini «politicamente corretti». Ma al bar, nell’ora dell’aperitivo, i giudizi degli avventori sono un po’ più liberi sulla storia delle 2000 bottiglie. «Chi può sapere come stanno le cose», alza le spalle l’ex vigile urbano Giovanni Zengarini, detto «il tedesco». Poi, a farsi più confidenziale, butta lì, con studiata cautela: «Un proverbio umbro dice: quando tuona da qualche parte piove».