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 2015  aprile 01 Mercoledì calendario

Due presidenti se ne vanno a spasso lungo la storia della Treccani. Così Mattarella e Napolitano visitano insieme la mostra al Vittoriano, tra aneddoti e cimeli. Dalla Bibbia di Borso d’Este alla foto di papà Bernardo con Einaudi

Due presidenti vanno a spasso lungo la storia della Treccani. Sergio Mattarella e il suo predecessore, Giorgio Napolitano, visitano insieme la mostra sull’Enciclopedia Italiana che compie novant’anni (1925-2015) e questo di ieri è il primo incontro pubblico tra i due a cui seguirà un’ora più tardi la comune partecipazione al convegno di Montecitorio su Pietro Ingrao (che di anni ne compie cento). A un certo punto del percorso dell’esposizione, Mattarella si blocca davanti a una foto di Luigi Einaudi. E dice a Napolitano: «Giorgio, lo vedi quel signore affianco all’allora presidente, quello era mio padre». Cioè Bernardo Mattarella.
La visita attraverso il Vittoriano prosegue. Ecco i due visitatori davanti alla bacheca che contiene uno dei pezzi forti della mostra: un tomo della prima edizione del Dialogo sopra i due massimi sistemi di Galilei, sfuggito al rogo. «Davvero una rarità», esclama Mattarella. Napolitano condivide l’emozione. Massimo Bray (ex ministro e ora direttore editoriale della Treccani), il professor Tullio Gregory, i tre curatori della mostra (Loredana Lucchetti, Alberto Melloni, Marco Pizzo) raccontano a Mattarella e Napolitano la storia di questo volume. «Fu messa in salvo – fanno notare gli studiosi – da un padre scolopio. Per sottrarla ai censori dell’Inquisizione, la fece murare dentro una stanza».
La visita continua, attraverso questo percorso che illustra la vicenda della Treccani dai tempi del fondatore e di Giovanni Gentile e descrive la forza della sua opera di divulgazione culturale interclassista e ormai da tempo anche multimediale e virale grazie alle nuove tecnologie messe al servizio di una grande tradizione. Tra uno sguardo alla lettera autografa di David Ben Gurion – che accetta di scrivere la voce «Sionismo» nel 1971 – e quella di Altiero Spinelli a cui Gregory affidò la voce «Europeismo», ecco Mattarella e Napolitano quasi impietriti davanti ai documenti degli anni ’80 che narrano la collaborazione di Massimo D’Antona e di Marco Biagi, poi uccisi dalle Brigate Rosse, all’Enciclopedia Giuridica. Il dolore, poi il sorriso. È quando gli ospiti – ci sono tra gli altri Giuliano Amato e Giuseppe Paolo Casavola – leggono la lettera che il grande storico dell’arte Ranuccio Bianchi Bandinelli scrisse a Giancarlo Pajetta: «Visto che vai a Pechino, per il congresso del partito comunista, trovami un archeologo cinese che possa collaborare con la Treccani».
Un passo indietro nella storia, e nella mostra che si apre oggi e chiude il 24 maggio, e Napolitano così si rivolge a Mattarella: «Guarda questa lettera di Federico Chabod, del 1929». «Quanti anni aveva allora – risponde il Capo dello Stato – quel grande storico?». Napolitano: aveva vent’anni. E dopo la Liberazione, la Treccani venne presa in cura da quelli che durante il fascismo erano ventenni: Chabod, Cantimori e altri». La crisi tra Treccani, fascismo e Chiesa all’indomani del Concordato del 1929 la racconta a Mattarella e a Napolitano lo storico Alberto Melloni: «Il Duce fa fare la voce Fascismo a Gentile, come si sa. Ma parte di quel saggio esce come editoriale, a firma di Mussolini, sul Corriere della sera. In quelle righe si sostiene che il fascismo è una sorta di religione, e papa Pio XI s’arrabbia».
ALL’INDICE
Una polemica che non avrebbe prodotto risultati, se non quello della messa all’Indice di Gentile (ma anche di Benedetto Croce che in questa vicenda non c’entrava niente). E forse finì all’Indice il filosofo siciliano, soltanto per poter fare la stessa cosa con l’antifascista Croce. O forse per ammorbidire la messa all’indice di Gentile lo si fece accompagnare anche dal suo collega e amico, di opposta fede politica. Di fatto, ecco per la prima volta mostrato al pubblico il fascicolo verdino ma ingiallito del Santo Uffizio, datato 1930 e appena ritrovato, che ha per titolo scritto a penna: «Errori contenuti nell’Enciclopedia Italiana (Treccani)». Si parla di una serie di questioni antipatiche agli occhi della Santa Sede e questo è l’incipit: «L’eresia modernistica è implicita in una frase dell’articolo Adozionismo di Alberto Pincherle» (lo storico del cristianesimo che infatti era allievo di Ernesto Bonaiuti). E ancora: un codice miniato della metà del ’400. Documento prezioso in questo viaggio dentro e intorno alla «Treccani, 1925-2015. La cultura degli italiani». È la Bibbia di Borso d’Este. La storia è questa: Gentile avverte Giovanni Treccani che è in vendita a Parigi questo testo importantissimo. Treccani parte subito per la capitale francese. Lo acquista per sei milioni di lire e lo dona allo Stato italiano. Ciò gli frutterà la nomina a senatore del Regno. È il 1923. L’Istituto Treccani verrà fondato due anni dopo. E l’acquisizione della Bibbia di Borso d’Este è quella che fa scattare l’idea a Treccani di fare qualcosa per la cultura italiana. Quel qualcosa è l’Enciclopedia.
Ieri Mattarella e Napolitano ne hanno celebrato i novant’anni. E la storia continua.