la Repubblica, 1 aprile 2015
Il caso di Irene Focardi, uccisa e buttata via in un sacco della spazzatura. L’ex modella fiorentina sarebbe stata ammazzata di botte: ha il cranio sfondato e le costole fratturate. Intanto la procura indaga sul suo ex fidanzato Davide De Martino. La madre della vittima «Lui non era niente per lei, solo uno che la picchiava e la sfruttava, le prendeva i soldi della mia pensione»
Gli indizi, dentro al sacco nero buttato in un fosso, sono diventati una prova: i jeans, la cintura, la maglietta. Una conferma dopo l’altra: l’ultima è arrivata dalle radiografie. Tutto riporta a Irene Focardi, 43 anni, fiorentina, un passato da commessa nei negozi di lusso del centro e qualche sfilata in passerella prima di inciampare in amori sventurati, nell’alcol e in una disoccupazione così lunga da far sentire ogni giorno come un fallimento. Il quartiere delle Piagge è di quelli che non si vedono nelle cartoline da Firenze: case popolari, panni stesi, scale buie, i prati della periferia e gli aerei che volano bassi.
Irene abitava lì, come l’uomo che la picchiava e che è da mesi agli arresti domiciliari: Davide Di Martino, 50 anni, condannato a tre anni e nove mesi per maltrattamenti contro di lei. Disoccupato pure lui e adesso indagato per omicidio e occultamento di cadavere. Irene tornava spesso da quell’uomo – le loro case sono divise da una strada – anche dopo le denunce e le botte, come una malattia. Perché? «Eh, bisogna chiedere al destino che a volte è amaro» dice sua madre Anna, 75 anni, parlando da dietro una porta che non apre. «Non scrivete che era il suo ex compagno – aggiunge riferendosi a Di Martino – non era niente per lei, solo uno che la picchiava e la sfruttava, le prendeva i soldi della mia pensione. C’ero sempre io con Irene in ambulanza quando stava male: l’ho vista con le ossa rotte, con le costole e il naso spezzato... lo sa che non riusciva nemmeno più a masticare bene?».
Irene Focardi scompare da casa il 3 febbraio, viene ritrovata in un sacco della spazzatura buttato in un fosso scolmatore domenica 29 marzo. Tra il luogo in cui viene vista l’ultima volta, vicino al supermercato del quartiere, e il posto in cui vengono rinvenuti i resti ci sono meno di 100 metri. Lo scolmatore è fra la casa di Irene e quella di Davide. A sua madre aveva detto che sarebbe andata a cena da lui, ma lui smentisce: «Non è stata da me, aveva altre storie, altri uomini. Io l’ho vista alle 14,30 del 3 febbraio, poi è uscita perché doveva andare a un funerale. Da lì non so più niente». Tre giorni dopo lui mescola alcol e tranquillanti, chiama una vicina, farnetica, minaccia il suicidio. Viene avvertito il suo avvocato, Sibilla Fiori, che chiama i carabinieri. Scattano le indagini, ma la comunicazione della notizia di reato alla procura arriva soltanto il 13 febbraio. L’ex modella, in passato era scomparsa altre volte per riapparire dopo settimane. Qualcuno forse ha pensato a un’altra fuga. Invece Irene è stata uccisa e buttata via. La sua è stata una morte «molto violenta» dice chi indaga. Pugni, botte, il cranio e le costole fratturate, colpi sferrati come e da chi lo sapremo probabilmente dopo gli accertamenti della squadra mobile agli ordini di Giacinto Profazio, quello dell’inchiesta su Meredith a Perugia (è arrivato a Firenze il 2 febbraio). «Era qui, così vicino a casa, come ha fatto la polizia a non trovarla, dove l’hanno cercata?» chiede sua madre in lacrime.
Dalla strada, da via Liguria si vede una piccola croce fatta con i rami di un cespuglio e tenuta insieme dal nastro bianco e rosso della scientifica, sotto un mazzolino di rose e margherite lasciate da una commessa che la conosceva: «Era molto sola e fragile, meritava più di un fiore...».
Il sacco nero da cui sbucava un braccio era lì, subito sotto la riva. Sabato i giardinieri hanno tagliato l’erba del prato intorno, il giorno dopo i primi passanti hanno dato l’allarme: «c’è un sacco nero con qualcosa dentro, sembra un braccio...».
La polizia ieri pomeriggio ha setacciato la casa di Di Martino, ha sequestrato il copriletto, diversi vestiti, qualche soprammobile. L’uomo non possiede un’auto e il suo cellulare non ha mai lasciato l’appartamento. «L’Irene mi ha procurato un sacco di guai, ma le volevo bene... «protesta lui che, dopo il carcere, sta scontando la pena agli arresti domiciliari. Si affaccia al balcone del primo piano: «Non scrivete che ero il suo compagno, lei veniva soltanto un po’ qui da me». L’1 e il 2 febbraio passa due notti con lui, così almeno riferisce il diretto interessato che assicura di non essere mai uscito di casa. In mezzo a questa storia anche la testimonianza di un altro uomo che conosceva Irene, Jacopo Nesti, 43 anni: sostiene di averla incrociata vicino al supermercato Coop delle Piagge il 13 febbraio: «Sì, ma poi mi sono corretto: quando la polizia mi ha fatto vedere i tabulati telefonici ho capito che avevo sbagliato, è stato il 3 febbraio». Nesti riferisce di aver ricevuto nei giorni seguenti dei messaggi sul cellulare del tipo: «Vieni a casa mia?». «Avevo cambiato smartphone e non avevo più i numeri registrati, pensavo fosse Irene, invece poi ho capito che me li ha mandati Di Martino: era geloso e voleva sapere se mi vedevo con lei. Mi ha pure minacciato...».