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 2015  aprile 01 Mercoledì calendario

Breve ritratto di Graziano Delrio, l’uomo-macchina del governo Renzi. Non fa parte del giglio magico, non è un signorsì, non si sovraespone mediaticamente ed è ostinatamente tenace. Ha detto no alla candidatura per il Colle e ora sembra destinato alle Infrastrutture

Quando il suo nome circolava per il Quirinale, e la notizia filtrava proprio da Palazzo Chigi, alla domanda: “Delrio, lei è uno dei papabili per il Colle?”, rispondeva: “Sì, lo so. Ma non esiste...”. È piuttosto franco Graziano Delrio, il volto umano del renzismo, quanto Luca Lotti è quello spregiudicato e guascone. Renzi li ha voluti entrambi sottosegretari alla presidenza del Consiglio. Ma di Delrio non si è mai detto che stesse nel”giglio magico”. Sempre un po’ defilato, il “macchinista”, come l’hanno soprannominato, per dire che si è occupato della macchina del governo, evitando le sovraesposizioni mediatiche.
Il feeling con Renzi è cominciato all’Anci, quand’erano entrambi sindaci. Il giovane e impaziente Matteo ascoltava i consigli del più maturo Graziano, classe 1960, emiliano, cattolico, padre di 9 figli, dossettiano di formazione e medico endocrinologo di mestiere prima di appassionarsi alla politica. Negli ultimi tempi pare che tra lui e il premier sia calata, a più riprese, una certa freddezza. Di certo non è un signorsì. Però Renzi resta il “Mosè” di Delrio. Raccontò lui stesso che sul telefonino aveva memorizzato il numero di Matteo alla voce “Mosè” e che si riteneva “Iero”, suocero di Mosè, colui che saggiamente gli consiglia di non fare colpi di testa. Questo era prima. Prima delle responsabilità e delle tensioni del governo.
Alle primarie del 2012, quando il “rottamatore” lanciò la sfida a Bersani dalla Festa del Pd di Reggio Emilia, a sorpresa l’allora sindaco di Reggio, Delrio appunto, si schierò con Matteo. Il sodalizio si rafforzò nonostante la sconfitta di Matteo, quell’anno surclassato da Bersani. Nel governo Letta l’unico renziano fu Delrio. Ebbe un ministero minore: Affari regionali. Ma da lì varò la riforma che abolì le Province, controversa finché si vuole, però condotta in porto in tempi record. «Il suo pregio? La tenacia», secondo gli amici. Tenacemente da sindaco è riuscito a realizzare la stazione mediopadana di Calatrava. Tenace fino all’ostinazione – e questo deve avergli creato qualche problema con un uomo poco incline a mediare come Renzi. Amante della montagna, alpinista appassionato, nel libro che ha appena scritto Cambiando l’Italia (Marsilio) ci tiene a valorizzare la sua esperienza di amministratore: «Siamo venuti senza l’abito della festa» è la frase-chiave, per raccontare di una politica al servizio delle persone. Quindi politici e ministri «devono vivere in mezzo alla gente e affrontarne i problemi». L’impronta di amministratore gli è stata rimproverata da chi non lo ama, una sorta di volare basso, rispetto alle scelte che competono a chi governa. Replica non piccata: «Sono cresciuto nell’impegno sociale». La sua primissima “militanza” fu infatti nell’associazione che fondò, dedicata a Giorgio La Pira. Se diventerà ministro delle Infrastrutture, avrà persino la benedizione del predecessore Maurizio Lupi, costretto a dimettersi per la vicenda di favori e regalie. E intanto Delrio prepara la conferenza stampa sui progetti a mutuo interessi zero per le palestre scolastiche. La politica del buon amministratore.