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 2015  marzo 31 Martedì calendario

L’incantesimo di Vale. A 36 anni Rossi è riuscito a fermare il tempo, anzi a mandarlo indietro. Per la stagione più importante della sua vita, si allena come se fosse un debuttante e corre come un ragazzino: «Una specie di Peter Pan a Disneyland. Prigioniero. Ma felice»

Racconta Carlo Pernat, il suo primo manager, che il segreto deve essere un incantesimo. «Valentino è prigioniero. Il motomondiale rappresenta tutta la sua vita, e non potrà mai essercene un’altra. Me lo ha confessato da bambino, me lo ha ripetuto oggi che sono passati vent’anni. Una specie di Peter Pan a Disneyland. Prigioniero. Ma felice». Ieri poco dopo mezzogiorno il Dottore era in coda all’aeroporto Hamad International, impaziente di tornare a casa. Tavullia. Stamani è al Ranch, ha intenzione di correre in pista almeno un paio d’ore. «Bisogna mantenere forma e concentrazione, perché tra meno di due settimane c’è Austin. Il circuito è favorevole alla Honda, però noi non vogliamo fermarci più». Poche parole usando un plurale per tutta la “banda” – gli inseparabili Albi e Uccio, ora anche Galbusera, il capo meccanico, i tecnici poi di nuovo in sella ad aprire il gas. Perché c’è un incantesimo. E non lo hanno liberato 9 titoli, la tragedia del Sic, cadute e infortuni, il disastro Ducati, le 109 vittorie. Non ancora. Forse la stella, il decimo mondiale. Forse. A 36 anni, l’infinito Valentino è il favorito del campionato appena iniziato (e già orfano di uno dei favoriti, Pedrosa).
«Due anni fa, tornando alla Yamaha, ho giurato a me stesso che se non fossi stato competitivo avrei lasciato nel giro di pochi mesi». Ricominciare con la casa di Iwata all’inizio era stato dolce: un secondo posto nella notte di Losail. Poi cinque gare lontano dal podio, il ritiro al Mugello. Una moto preparata solo per Lorenzo. «Ma con la vittoria di Assen ho capito che il mio posto era ancora qui». Il coraggio di chiudere con Jeremy Burgess, lo storico capomeccanico, e scommettere su Galbusera. La Yamaha che gli fornisce una moto su misura: due vittorie (Misano, Philip Island), il secondo posto finale alle spalle dell’impossibile Marquez. «La consapevolezza che il decimo titolo era di nuovo alla mia portata».
Così si è preparato per tutto l’inverno, alla ricerca della Stagione Perfetta. «La M1 è migliorata, abbiamo ridotto quasi del tutto il gap dalla Honda. Il nuovo cambio full seamless funziona». E lui ossessivo, maniacale: due ore di palestra tutte le mattine, quindi al Ranch a sfidare i ragazzini dell’Academy. «Ti fanno sentire giovane». In febbraio era già asciutto che gli potevi contare le vene sul collo. Quanto sia in forma fisicamente lo ha dimostrato l’altra notte a Losail, correndo per 22 giri senza mai prendere fiato. Un ragazzino. «Sarà la stagione più importante della mia vita».
Silvano Galbusera nel 1979 era il meccanico di Michele Rinaldi. Parliamo di cross. «Ce lo avevo nella mia squadra, me lo ricordo bene», dice Pernat. «Uno in gamba, geniale. Per 35 anni ha fatto una buona carriera, ma sicuramente meritava di più». Galbusera è in Superbike quando per caso incrocia Valentino durante un’esibizione. I due si annusano, si piacciono. E quando il pilota gli telefona, nel novembre 2013, quello risponde: presente. Sabato sera con Valentino sono rimasti per ore in officina: «Avevamo avuto dei problemi di setting per tutta la settimana», conferma Galbusera. «Alla fine abbiamo trovato la soluzione».
Emilio Alzamora, il manager che ha scoperto Marquez, arrivò giusto davanti a Rossi (sesto) nel giorno dell’esordio mondiale di Valentino, 1996. Il tempo passa quasi per tutti, non per il pilota pesarese. Dicono che il giovane campione catalano ne soffra particolarmente il carisma («È come sfidare la storia di questo sport: ti emoziona sempre»), di sicuro la brutta gara di domenica gli ha messo addosso tanta pressione e qualche nemico in più come Bautista, messo fuori gioco con la sua Aprilia durante l’esasperato tentativo di rimonta. Nei box a fine gara il Piccolo Imperatore aveva perso il proverbiale sorriso.
«A proposito di sorriso. Non fidatevi di quello di Valentino». Carlo Pernat sta per raccontare un altro segreto dell’eterna giovinezza del Dottore. «Ha un orgoglio smisurato. Non ha mai digerito quei due anni disgraziati con la Ducati. Fu obbligato ad andarci: lo sponsor, gli italiani, tutti volevano Rossi sulla Rossa». Sì, ma cosa c’entra il sorriso? «Vuole rifarsi, dimostrare di essere sempre il migliore. Con un altro titolo. Non fidatevi di quando batte la mano sulle spalle di Marquez e gli fa i complimenti. Gli sorride, appunto. In realtà sta solo pensando a batterlo, a stracciarlo. Come l’altra sera in Qatar. Perché Valentino è prigioniero, e felice di esserlo. Per sempre».