la Repubblica, 31 marzo 2015
E ora Tsipras se la prende con Samaras e il suo governo uscente: «Abbiamo ereditato un Paese sull’orlo dell’abisso. In cassa abbiamo trovato 2,7 miliardi in meno di quello che dicevano prima delle elezioni»
«Sì a un compromesso onorevole con i creditori, ma nessuno si aspetti una resa incondizionata della Grecia». Alexis Tsipras non fa passi indietro. E mentre a Bruxelles i negoziati con Bce, Ue e Fmi proseguono a rilento – domani è prevista una conferenza telefonica tecnica dell’Eurogruppo – alza (ma non troppo) il velo in Parlamento sul piano di riforme presentato alla istituzioni, ricordando all’Europa che «senza una ristrutturazione il debito ellenico non potrà mai essere ripagato».
«Abbiamo ereditato un Paese non sull’orlo dell’abisso, ma già ben dentro – ha detto in aula il premier attaccando il governo Samaras – In cassa abbiamo trovato 2,7 miliardi in meno di quello che dicevano prima delle elezioni». Una cosa però è certa, ha ribadito il leader di Syriza: «Abbiamo voltato pagina, non siamo più una colonia. E ora scriveremo noi le riforme di cui la Grecia ha davvero bisogno per diventare una nazione moderna». Quali sono queste riforme? «Non alzeremo l’Iva – ha garantito Tsipras – ma fermeremo il massacro della classe media e dei lavoratori dipendenti con una battaglia a tutto campo contro l’evasione». Nel mirino il contrabbando di tabacco e benzina, i nomi della lista Lagarde («perché Samaras ne ha controllati solo 25 su 2000?»).
Tsipras per la prima volta da quando è stato eletto non ha alzato il tiro sui creditori. Concentrando gli attacchi sull’opposizione domestica. «Dicono che stiamo riportando il Paese in un nuovo memorandum scritto dalla Troika. Ma io chiedo: le leggi umanitarie che abbiamo approvato sono forse parte di qualche memorandum?. L’opposizione deve dirci se ci aiuterà a continuare la battaglia per restituire la dignità al popolo greco», ha concluso.
La battaglia, questo è chiaro, non sarà facile. E non solo sul fronte interno. «Aiuteremo Tsipras se farà approvare leggi che aiutano davvero Atene senza rimandarla in recessione – gli ha risposto ieri sera il suo predecessore Samaras – Ma non può dire di aver riportato al democrazia sotto il Partenone visto che non ci ha fatto nemmeno votare l’accordo con l’Eurogruppo del 20 febbraio. Forse per paura delle divisioni di Syriza».
Il vero problema però oggi è convincere le istituzioni che l’elenco di 18 riforme spedito a Bruxelles è davvero la ricetta per far uscire il Paese dalla crisi. Il contenuto del pacchetto Tsipras, secondo le indiscrezioni, è fatto soprattutto di una revisione della pressione fiscale. Circa 750 milioni – ha scritto l’autorevole sito Macropolis – dovrebbero arrivare dai controlli dei fondi portati all’estero dai greci, 350 con la lotta alle frodi Iva, 350 milioni dall’asta sulle frequenze («Perché vecchi governi e Troika non hanno chiesto il conto agli oligarchi?», ha chiesto Tsipras) e 1,5 miliardi, contro i 2,2 previsti, dalle privatizzazioni. Le entrate – garantisce Syriza – dovrebbero consentire di raccogliere i fondi per restituire la tredicesima alle pensioni più povere e per evitare tagli allo stato sociale.
Bce, Ue e Fmi chiedono però molto di più: cifre più certe, entrate garantite e non ipotetiche e un impegno più preciso sul mercato del lavoro e sulle pensioni. Qui le posizioni restano molto distanti e con la rata da 450 milioni di euro del Fondo Monetario in scadenza il prossimo 9 aprile e le casse dello Stato vuote il rischio di un corto circuito è sempre dietro l’angolo.