la Repubblica, 27 marzo 2015
Piazza Affari è in mano al Qatar. Nel Qia, primo azionista del London stock exchange (che quindi ha in mano anche la Borsa di Milano) ha un solo socio italiano all’1,3%. Tutti gli altri, da Unicredit a Intesa, se ne sono andati via via nel tempo
Qualche tempo fa aveva limato la sua partecipazione, dal 15 all’attuale 10 per cento, ma anche così ora il Qia (Qatar investment authority) si trova ad essere il primo azionista del London stock exchange e dunque di Piazza Affari (che dal 2007 fa parte del gruppo Lse).Ieri infatti ha venduto quello che era tradizionalmente il primo azionista della City, la Borsa di Dubai, mettendo sul mercato tutta la sua quota (residua, in origine era al 21 per cento) del 17,4 per cento.Ha venduto per circa 1,4 miliardi di sterline e non è nota la plusvalenza ma sicuramente sarà cospicua, visto che il titolo rispetto ai massimi di fine 2007 guadagna il 31 per cento.Certo, ieri l’azione ha subito uno scivolone in Borsa, in concomitanza con il classamento, ma chi ha creduto nell’operazione di fusione tra Londra e Milano dal punto di vista borsistico ha fatto un affare. A questo punto, degli azionisti di allora è rimasto la Qia e, tra gli italiani – che al momento della fusione avevano complessivamente il 28 per cento – c’è solo Emittenti titoli, con l’1,3 per cento. La quota della società – nata per iniziativa di Assonime – deriva dal pacchetto comprato al momento della privatizzazione di Piazza Affari, nel 1999, per 4,2 milioni di euro. Il pacchetto è poi confluito nel gruppo inglese al momento della fusione con la City e ora vale 144,2 milioni di euro.Gli altri soci italiani – tutte banche, a partire da Unicredit e Intesa – sono usciti via via nel tempo. Tanto che ora, Qia a parte, gli altri azionisti sono praticamente tutti grandi gestori di fondi e investitori istituzionali, come accade nelle public company. Del resto la stessa presenza dei soci arabi è sempre stata di natura finanziaria; insomma, non hanno mai chiesto posti in consiglio e diritti di governance, a fronte delle loro massicce quote (nel caso di Dubai, frutto dell’accordo industriale tra Borse).