la Repubblica, 27 marzo 2015
Napoli est, il posto in cui «lo Stato ha abdicato al suo ruolo». Nella periferia della città partenopea tra ragazzi che sparano, madri e bambini che scappano, c’è solo la scuola a dare una speranza
«Se volete parlare, venite sopra. Ho due ragazzi piccoli e non li lascio neanche un minuto qui, in mezzo al “Conocal”. Non sai mai da dove può arrivare una pallottola». Pina ha due figli di 9 e 11 anni. Ti indica l’orizzonte. Gli stradoni sono deserti e, oltre l’istituto scolastico blindato di cancelli, gli alloggi popolari hanno inferriate e pali marciti per la ruggine. Intorno, fabbricati rimasti grigi dove si paga, se si pagano, 80 euro di fitto per tre camere e cucina, dove saldare le bollette è spesso un optional e gli assistenti sociali sono 4 di numero di fronte al dilagare di dispersione e abbandono, 300 persone in un paio di isolati. Palazzine ai cui piedi, il giorno dopo, spicca il sangue dell’ultimo raid di camorra ancora a terra. Tocca ai condòmini attaccare una pompa d’acqua e innaffiare. «Tanto, se aspettiamo i servizi...». Pensare che solo a una manciata di chilometri da qui, stessa municipalità di Ponticelli, stessa alternanza di vita e morte, è arrivato il premier Renzi sei mesi fa a celebrare una start up «all’avanguardia mondiale su ingegneria e elicotteri».
Invece. «Vedere quelle immagini intercettate da noi, con i ragazzi che sparano e i civili inermi che scappano, in un lembo abbandonato della periferia cittadina, è stato come pensare alla Sarajevo degli anni Novanta», ragiona con Repubblica il procuratore antimafia Giuseppe Borrelli. Non basta più infatti dire Napoli est, per raccontare questo pezzo di zattera sociale – lasciato a naufragare in mare aperto: dove le telecamere nascoste del pool antimafia hanno ripreso scene di guerra, e dove la camorra è tornata a uccidere esattamente il giorno dopo quel blitz con 63 arresti. Uno schiaffo allo Stato. Prima le catture, poi altro piombo e terrore. «Occorre una pianificazione di tutte le istituzioni, un tavolo coordinato per colmare i vuoti che da anni si stratificano – continua Borrelli – l’unico “sportello” che qui apre le sue fauci sul territorio è la camorra. E la giustizia, la sicurezza non può dare tutte le risposte».
Non basta scrivere periferia e neanche Ponticelli, devi dire rione Conocal, frammento criminale che non aveva neanche i riflettori guadagnati da Gomorra: il bordo del bordo, il confine tra città e entroterra del Vesuvio. Il posto dove il contrabbandiere Ciro D’Ambrosio è stato ammazzato mercoledì sera, all’angolo di via Mario Palermo, all’ora in cui i lavoratori rientrano nelle palazzine e qualche spoglio bar è ancora aperto. Spedizione di morte in cui è caduto anche un innocente, bengalese, appena diciottenne, Hossan Jabed, mentre aspettava il suo bus: frattura del polso, grave choc. «Ho visto un uomo fuggire, volevo solo salire sul 192, che mi avrebbe portato a Piazza Garibaldi», racconta dall’ospedale.
È solo un caso che non siano rimasti coinvolti altri innocenti. «Io non ce la faccio più a vivere con questo incubo che si spari», dice Pina, «intanto mio marito lavora sei ore al giorno come vigilante, ho due adolescenti e diventa dura litigare con loro: perché quelli vorrebbero giocare anche con un pallone per strada e io li tengo chiusi». Anche all’istituto Archimede, tecnico commerciale e per geometri, c’era gente che usciva a quell’ora: apre corsi serali a centinaia di genitori e disoccupati. È la scuola che al mattino accoglie 1200 ragazzi, da cui è uscito il ballerino emergente, il campione della tv di Amici, Vincenzo Durevole, loro piccolo eroe. A guidare la scuola, Patrizia Scognamiglio. «Abbiamo problemi di dispersione, pochi i casi di ragazzi border line, ma lo scenario con cui ci confrontiamo di più è quello della povertà diffusa. Troppe famiglie con redditi bassi, tanti padri che hanno perso il lavoro, illegalità appena esci di qui. Se da un lato il mondo criminale diffonde esempi, o solo terrore, dall’altro lato la scuola diventa confidenza, famiglia, ambulatorio. Tempo fa, grazie ad alcune giornate per la salute organizzate qui da noi – rivela la preside – una madre ha scoperto un nodulo al seno e l’abbiamo salvata». Carenza di servizi, di sportelli territoriali. Questo è il posto in cui, è scritto nell’ordinanza di custodia emessa dal Gip di Napoli, «lo Stato ha abdicato al suo ruolo».