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 2015  marzo 27 Venerdì calendario

Come viene controllata la salute mentale di un pilota? Chi lo fa, quando? I test psicoattitudinali una volta soltanto a inizio carriera per avere il brevetto

Se la verità è questa, se è così sconvolgente, le domande sono inevitabili: come viene controllata la salute mentale di un pilota? Chi lo fa, quando? Per l’aviazione civile esiste un protocollo dell’Agenzia europea per la sicurezza aerea (Easa) al quale si devono attenere tutti i Paesi dell’Unione. Ogni equipaggio, cioè ogni pilota e ogni assistente di volo, viene sottoposto a una visita medica periodica: annuale fino ai 40 anni, semestrale per gli over. In Italia gli esami si fanno all’Istituto di medicina aerospaziale dell’aeronautica militare, a Roma e Milano, e nei laboratori certificati dall’Enac.
Visita medica però non significa diagnosi psicologica. «Il test psicoattitudinale per il rinnovo del brevetto viene attivato solo nel caso in cui ci siano degli indicatori che fanno pensare a qualche problema di questa natura, da sottoporre a un controllo più approfondito da parte di medici militari specializzati», spiega il generale Domenico Abbenante, medico militare psicologo dell’Istituto di medicina aerospaziale. Un test completo, eseguito da un pool di medici e comprensivo della visita psicoattitudinale, si fa solo a inizio carriera, per avere il brevetto. Cosa prevede esattamente questo controllo?
«Si tratta del Minnesota test, riconosciuto a livello mondiale. Centinaia di domande che servono a valutare la personalità del soggetto ed eventuali problemi: dall’ipocondria alla depressione ai vari disagi di tipo psichico. Ci sono questionari scritti, seguiti da un colloquio approfondito».
Altri interrogativi: è sufficiente un questionario di questo genere? Il pilota non potrebbe bluffare solo per ottenere il brevetto o il rinnovo? E anche se non bluffa, non ci potrebbe essere un condizionamento emotivo nel momento in cui viene esaminato? Insomma: qual è l’attendibilità di questi test? «È chiaro che qualsiasi valutazione psicologica ha sempre un margine di errore e un valore temporaneo – considera Andrea Castiello d’Antonio, psicoterapeuta e psicologo dell’Aviazione, che si occupa di selezione di piloti per grandi gruppi industriali –. Cambia la persona, cambiano l’ambiente e le condizioni di vita, sociali, individuali, familiari. Un grosso trauma può essere decisivo». La mente umana è plastica e quasi sconosciuta e quindi imprevedibile. «Possiamo fare questionari di personalità, test di Rorschach, diagnosi psicologiche in profondità, interviste di gruppo. Queste sono le armi che abbiamo a disposizione. Non altro. Certo, è anche vero che non si effettuano più valutazioni psicologiche approfondite e questo crea un’ulteriore zona cieca». Nel caso del disastro di Le Vernet, d’Antonio vede una depressione del pilota «come indicherebbe la lenta discesa dell’aereo, un po’ quella di chi si lascia morire di fame».
Ma c’è anche chi vede un caso di omicidio plurimo-suicidio e scomoda il massimo filosofo della materia, Émile Durkheim, e chi tira in ballo Melanie Klein sulla psicanalisi materna, come lo psicoterapeuta Gianmaria Occhi: «Le fantasie di lunga data lasciano tracce profonde». Tracce che i test spesso non vedono.