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 2015  marzo 25 Mercoledì calendario

Ecco l’articolo di Angelina Jolie per il New York Times in cui l’attrice spiega la decisione di farsi asportare le ovaie: «I geni mi predicevano un tumore. Alle donne dico: sapere è potere. È stata molto dura ma i miei figli non dovranno mai dire: mamma è morta di cancro»

Due anni fa ho scritto in merito alla mia scelta di sottopormi a una mastectomia preventiva bilaterale. Un semplice esame del sangue aveva rivelato che sono portatrice di una mutazione nel gene Brca1 (responsabile della neoplasia della mammella e dell’ovaio, ndt), e aveva calcolato che io avessi l’87 per cento di possibilità di sviluppare un tumore al seno e il 50 per cento di possibilità di sviluppare un tumore alle ovaie. A causa del cancro ho perso mia madre, mia nonna e mia zia.
Ho voluto che altre donne a rischio conoscessero le opzioni a loro disposizione e ho promesso che avrei fornito aggiornamenti relativi a qualsiasi informazione utile, compresa la mia successiva operazione di chirurgia preventiva per asportare le ovaie e le tube di Falloppio.
Era da qualche tempo che l’avevo in programma. Di per sé l’intervento è meno complicato rispetto a una mastectomia, ma le sue conseguenze sono più gravi. L’operazione infatti induce la menopausa. Ho quindi deciso di prepararmi fisicamente ed emotivamente, discutendo delle varie opzioni possibili con i vari medici, cercando soluzioni nella medicina alternativa e facendo eseguire una mappatura ormonale per individuare la terapia estrogenica o progestinica sostitutiva più opportuna. Avevo la sensazione, in ogni caso, di avere ancora parecchi mesi davanti prima che fosse necessario fissare la data dell’intervento.
Due settimane fa, invece, ho ricevuto una telefonata dal mio medico curante che mi ha informato del risultato delle analisi del sangue. «Il valore del tuo CA-125 è normale», ha detto. Ho tirato un sospiro di sollievo: con tale analisi, che misura la quantità di proteina CA-125 in circolo nel sangue, si tiene sotto controllo l’insorgenza di un tumore alle ovaie. Mi sottopongo a quest’analisi tutti gli anni, proprio a causa della mia anamnesi familiare.
Il mio medico, però, aveva altro da dirmi: «Molti marker infiammatori hanno valori elevati. Nel complesso, potrebbero segnalare un cancro nelle prime fasi». Ho trattenuto il respiro. «L’esame del CA-125 ha una percentuale di mancata individuazione del cancro ovarico in fase iniziale stimabile tra il 50 e il 75 per cento», ha detto. Voleva che vedessi immediatamente il chirurgo per un controllo alle ovaie.
Sono passata attraverso quello che immagino vivano e provino migliaia di altre donne. Mi sono imposta di restare calma, di essere forte, di pensare che non c’era motivo per cui dovessi temere di non vivere abbastanza a lungo da veder crescere i miei figli o conoscere i miei nipotini.
Ho telefonato a mio marito in Francia, e nel giro di poche ore aveva già preso un aereo. Il bello di questi momenti della vita è che in essi c’è una grande nitidezza: sai qual è lo scopo della tua vita e che cosa conta davvero, che cosa la guida e che cosa le infonde pace.
Quel giorno stesso sono andata a farmi visitare dalla chirurga che aveva avuto in cura mia madre. L’ultima volta che l’avevo incontrata era il giorno in cui mia madre morì. Non appena mi ha vista, profondamente commossa ha esclamato: «Le assomigli proprio». Sono crollata anch’io. Poi, però, abbiamo sorriso e concordato sul fatto che eravamo lì per occuparci di un problema. «Forza, facciamo quello che dobbiamo fare».
Dalla visita e dall’ecografia non è risultato nulla di preoccupante. Mi sono sentita rincuorata dal fatto che, se anche si trattava di cancro, molto probabilmente era nelle prime fasi. Se nel mio corpo c’era dell’altro, l’avrei saputo entro cinque giorni. Ho trascorso quei cinque giorni in una sorta di annebbiamento mentale, assistendo alla partita di calcio dei miei figli, facendo il massimo per restare tranquilla e concentrata.
È arrivato il giorno dei risultati dei test: la PET/CT sembrava chiara e il test tumorale era negativo. Mi sono sentita invadere dalla felicità, anche se il tracciante radioattivo assorbito mi ha impedito di abbracciare i miei figli per alcuni giorni. La possibilità di avere un cancro in fase iniziale sussisteva, ma era decisamente meno grave rispetto a un caso di tumore conclamato. Con mio grande sollievo, avevo ancora la possibilità di sottopormi all’asportazione chirurgica delle ovaie e delle tube di Falloppio, e così ho scelto di fare.
Non l’ho fatto soltanto perché sono portatrice della mutazione del gene Brca1, e voglio che le altre donne lo sappiano. Un test Brca positivo non significa inevitabilmente dover correre dal chirurgo. Ho ascoltato il parere di molti medici, chirurghi e naturopati. Altre opzioni esistono. Alcune donne preferiscono assumere la pillola anticoncezionale o affidarsi alle medicine alternative abbinandole a frequenti visite di controllo. Esiste più di un modo per affrontare un problema di salute, quale esso sia. La cosa più importante è conoscere le varie opzioni a disposizione e scegliere quella che si ritiene più giusta per sé.
Nel mio caso, gli specialisti di medicina orientale e occidentale che ho consultato si sono detti concordi: rimuovere le tube e le ovaie era l’opzione preferibile perché, oltre al fatto di essere portatrice del gene Brca, tre donne della mia famiglia sono morte di cancro. I medici hanno anche specificato che mi sarei dovuta sottoporre a un intervento di chirurgia preventiva circa dieci anni prima rispetto all’età alla quale il cancro si era manifestato per la prima volta in una mia parente. A mia madre è stato diagnosticato il cancro ovarico quando aveva 49 anni. Io ora ne ho 39.
La settimana scorsa mi sono sottoposta all’intervento di ovaro-salpingectomia bilaterale in laparoscopia. In un ovaio c’era un piccolo tumore benigno, ma nessun segno di cancro in nessun tessuto. Ora indosso un piccolo cerotto trasparente contenente estrogeni bio-identici e mi è stata impiantata una spirale intrauterina che rilascia progesterone e che mi aiuterà non solo a mantenere l’equilibrio ormonale ma, cosa ancora più importante, a prevenire il cancro all’utero. Ho scelto di conservare l’utero perché il cancro all’utero non rientra nella mia anamnesi familiare.
È impossibile azzerare ogni rischio, e dunque io resto esposta al tumore. Cercherò rimedi naturali per rafforzare il mio sistema immunitario. Mi sento donna, una donna che con i piedi per terra ha preso decisioni che riguardano tanto lei quanto la sua famiglia. So che i miei figli non dovranno mai dire: «Mamma è morta di cancro alle ovaie». Indipendentemente dalla terapia ormonale sostitutiva alla quale mi sto sottoponendo, adesso sono in menopausa. Non potrò avere altri figli e mi aspetto di andare incontro anche a qualche cambiamento fisico, ma mi adeguerò a tutto ciò che mi accadrà, non perché io sia forte, ma perché questa è la vita. Non c’è nulla da temere. Provo una profonda vicinanza per le donne per le quali questo momento arriva troppo presto nel corso della vita, prima che abbiano avuto figli. La loro situazione è di gran lunga più difficile della mia. Ho svolto ricerche in proposito e ho scoperto che esiste la possibilità di rimuovere le tube di Falloppio mantenendo però le ovaie e preservando quindi la capacità di avere figli e non entrare in menopausa. Spero che ne siano consapevoli.
Non è facile prendere questo tipi di decisioni. Tuttavia, è possibile assumere il controllo e affrontare di petto e in prima persona qualsiasi situazione che riguarda la nostra salute, raccogliendo pareri e valutando le varie opzioni disponibili che più si adattano a noi. Sapere è potere.
(Traduzione di Anna Bissanti ©2015
The New York Times)