la Repubblica, 25 marzo 2015
«Sean mi ha voluta per i miei denti storti». Jasmine Trinca dal 7 maggio sarà nelle sale con The Gunman, il film di Morel con Bardem e Penn. Intanto sogna di essere l’erede di Laura Morante
La carriera di Jasmine Trinca è iniziata seicento metri più avanti di questo bar assolato in cui sorseggia caffè senza zucchero. Viale Aventino. «L’appuntamento alla Sacher di Nanni, avevo 18 anni e nessuna idea di quel che sarebbe successo poi». Dalla prima volta con Moretti sono passati quindici anni e diciannove film. Due ancora in sala, Meraviglioso Boccaccio dei Taviani e Nessuno si salva da solo di Castellitto. Il 7 maggio esce The gunman, in cui affianca Sean Penn e Javier Bardem, un thriller politico di Pierre Morel, presentato oggi in anteprima al Bari Film Festival, dove è una dottoressa volontaria in Congo che redime il mercenario Penn ma contesa dall’amico Bardem.
È stato Sean Penn, anche produttore, a volerla nel film.
«Qualche estate fa Valeria Golino è andata in vacanza con lui alle Hawaii e gli ha mostrato Miele. È lì che Sean mi ha visto. Sotto la scorza è una persona semplice, perfino fragile. Vero, appassionato del suo lavoro, idealista».
Come è andata sul set con lui e Bardem?
«L’ansia da prestazione c’era. Quando ne parlo ora, mi sento l’attrice di Un sacco bello, che chiama per nome di battesimo divi lontanissimi. Appena arrivata ero spaesata, ma è vero che i grandi ti aiutano. Nella scena al ristorante in cui io, ormai fidanzata con Bardem, rivedo Sean, hanno girato il mio primo piano alle quattro di mattina, ero spenta. Javier ha iniziato a parlarmi, con quel tono istrionico che non capisci se è ancora nel personaggio o no. Mi ha ricordato chi ero e gli orrori che avevo visto in Africa. È stata la spinta giusta».
Sono amici loro due ?
«Molto. Dopo questo film Penn ha voluto Bardem nel suo film da regista in The Last face, girato in Sudafrica. Sul set Javier non ha paura di spingere, di fare di spettacolo. Sean è asciutto, naturale, come se faccesse granché. Poi sullo schermo esce tutto il carisma».
Sorprende questo Sean Penn in versione Stallone.
«Per Sean questo film è una storia d’amore con un messaggio sullo sfruttamento delle multinazionali Africa. È l’erede della migliore tradizione americana del cinema d’impegno. Ha fatto da filtro con i produttori americani. Si è battuto per me quando volevano farmi mettere una protesi ai denti; capisco che li ho un po’ storti, ma mi sembrava una violenza. Mi hanno spedito con una macchina fuori Londra, in una sorta di caverna di Batman. In realtà il tizio era un tecnico degli effetti speciali. C’era un’intera parete piena di divi – tutti quelli che immaginate – con foto e dedica, alla faccia della privacy. Tutti con lo stesso sorriso. Sentivo quasi di dovermi vergognare per i miei denti imperfetti. Ma quando mi sono infilata la protesi sembravo il personaggio di Sordi, il dentone. Ho fatto resistenza passiva. Sean mi ha appoggiato: “L’ho scelta così com’è, proprio perché è diversa dalle solite bellone”».
Com’è andata con le scene d’azione?
«Io non sono una guerriera. La sera ero sempre piena di lividi. E ho ancora una bruciatura per uno di quei proiettili finti. Ma è stata peggio la prova costume: due macchine da presa incrociate, le luci e il tuo corpo sul grande schermo».
Lavorerà ancora con Nanni Moretti?
«Ho un sorta di sogno morantesco: vorrei essere l’erede di Laura. Mi piace l’idea di ritrovare Nanni tra qualche tempo. Tutto è cominciato quando mi ha scelto tra 2500 liceali. Io volevo fare l’archeologa. Era simpatico, anche se diceva cose tipo “in gara per il ruolo siete rimaste tu e quella bella e brava di Bologna”. Il provino lo feci con lui e la Morante. Nanni ci fece cantare tutti insieme la canzone della Caselli. Dopo La stanza del figlio ho fatto l’università. Ai tempi del Caimano avevo perso un po’ di incoscienza. Angelo Barbagallo mi volle in La meglio gioventù, ci sono stati Manuale d’amore e Romanzo criminale, ai tempi di Il grande sogno ero già incinta».
E poi?
«I dubbi sono arrivati quando è nata mia figlia Elsa. Non mi chiamavano più. Una sospensione durata due anni, fino a quando sono volata a Parigi per girare con Bertrand Bonello. È stato un periodo difficile anche per la morte di mia madre, una donna minuta, forte, con un grande senso del rispetto di sé che spero di aver ereditato e che vorrei insegnare a mia figlia. L’altro giorno mostravo ad Elsa come pulire le verdure, come mia madre faceva con me da piccola. Col tempo diventiamo quelle madri che abbiamo contestato».