Il Sole 24 Ore, 25 marzo 2015
Partecipazioni statali e la discesa di Pechino. Chem China ha in atto una trasformazione necessaria insieme alle altre aziende pubbliche cinesi: ridurre il peso dello Stato e massimizzare il valore di attività e acquisizioni
Non c’è soltanto l’internazionalizzazione (Go Global) a ispirare le mosse dei colossi statali cinesi come China chemical che attraverso Camfin si è lanciata nel controllo di Pirelli. Un caso davvero esemplare, quello di Chem China, è ormai da un decennio uno dei big cinesi a controllo statale, intorno al ventesimo posto nella lista dei produttori mondiali di chimica, è attiva in 140 Paesi nella produzione di materie plastiche, tecnopolimeri, poliuretani, gomme e pneumatici. Vale, in euro, 36 miliardi, e dà lavoro a 140mila persone, negli ultimi anni in mezzo mondo ha fatto shopping ovunque e in Europa dalla Francia, alla Svezia e ora in Italia, ma non ha smesso i panni della Soe, State owned enterprises, Società a controllo statale.
Perfino una realtà come quella guidata da un manager illuminato come Ren Jianxin è controllata dallo Stato al 70% e, quindi, anche China Chem ha di fronte una serie di sfide durissime. È in atto, nei prossimi anni, una trasformazione necessaria per le aziende pubbliche cinesi, con l’obiettivo di ridurre la componente della mano statale e, soprattutto, di aumentare la produttività per gli azionisti e massimizzare il valore delle attività e delle acquisizioni. A metà 2014 il ministero delle Finanze ha dettato le regole per gli assetti finanziari delle Soe, dando il la a questa rivoluzione che non risparmierà nessuno, Soe quotate e non quotate. Che siano quotate come nel caso di China Chem oppure no, il solo passaggio dal 70 al 50% del controllo potrà liberare risorse a partire da 18 trilioni di yuan e se la quota scendesse a 30 fino a 36 trilioni. Se solo lo Stato riducesse la sua parte si arriverebbe a 20-40 trilioni di yuan.
In Cina questi dinosauri aziendali sono circa 156mila (dati 2013), di cui 52mila a livello centrale, 104mila locali. Gli asset di tutte le Soe sono pari 104.1 trilioni di yuan, in crescita rispetto all’anno precedente del 16.3, mentre quelle locali sono pari a 55.5 trilioni in aumento del 20.4 nel 2013 rispetto all’anno precedente.
I profitti totali hanno raggiunto 1.7 trilioni (più 4.6 quelli totali), 886.87 miliardi di yuan a livello locale (sopra del 6.7 dall’anno precedente).
Oggi lo Stato cinese ha ancora una presenza esorbitante oltre il 70 per cento rispetto al limite di altri Paesi. Perché utilizza gli utili delle Soe per garantire un minimo di welfare e operazioni di finanziamento. Probabilmente il controllo in China national petroleum corporation, Cnpc, è anche anche superiore rispetto a quelle società che non sono listate. Il meccanismo è tale, però, che così un mare di risorse resta inutilizzato e non va a beneficio di nessuno. Spesso queste società non riescono a gestire le acquisizioni fatte all’estero in maniera efficiente.
Il volto di queste società dunque è destinato a cambiare e anche quello delle società acquisite in questi anni, evidentemente.
I dettagli finanziari dell’operazione Pirelli diffusi dalla stessa China Chem dicono che la newco pagherà la partecipazione in Pirelli al prezzo di 15 euro per azione, per un valore di quasi 1,9 miliardi di euro; quindi lancerà l’Opa sul 100% del gruppo, allo stesso prezzo, per un controvalore di 7,13 miliardi di euro. Se l’offerta avrà successo, Chem China potrebbe ottenere fino al 69% di Pirelli. Il riassetto delle attività prevede che Pirelli Truck, la divisione pneumatici per veicoli industriali, si fonda con Aeolus Tyre di ChemChina, dando vita al quarto produttore mondiale di coperture per veicoli pesanti. Pirelli Tyre (pneus per auto e moto) potrebbe invece essere quotata in Borsa in un prossimo futuro. Ma cosa succederà quando China Chem & co. dovranno mollare gli ormeggi abbassando il livello di partecipazione dello Stato? Lo scenario non è affatto chiaro.