Il Messaggero, 25 marzo 2015
Ultime sul delitto di Pordenone. La caccia agli amici della coppia e la caserma del carrista passata al setaccio. Forse era lui il vero obiettivo
Nell’appartamento dei fidanzati uccisi a Pordenone si cercano tracce di altre persone. Si cerca di capire che frequentava la casa di via Chioggia 5, alla periferia della città, un palazzo incastrato tra la Pontebbana e una della principali arterie cittadine, viale Grigoletti. È per questo che il sopralluogo degli investigatori del Ris di Parma nel piccolo immobile affittato da Trifone Ragone e Teresa Costanza è durato quasi tre ore. Ed è per questo che sono stati acquisite anche le videoregistrazioni delle telecamere che si trovano nella zona della palazzina.
«NESSUNA PISTOLA TROVATA»
A confermarlo è stato il procuratore Marco Martani in una conferenza stampa convocata per smentire l ritrovamento di una pistola nel bagagliaio dell’auto del caporal maggiore del 132° Reggimento carri, nascosta sotto gli asciugamani, nel borsone. «Non possono inseguire tutte le voci – è stato il commento di Martani davanti ai microfoni – ma smentisco la più clamorosa». Ha invece confermato che l’ambiente di lavoro del carrista della caserma De Carli è stato esaminato a fondo. «Sono oggetto di accertamento – ha riferito – i rapporti di lavoro e amicizia più stretti». L’ipotesi che l’obiettivo dell’esecuzione fosse il militare dell’Esercito si sta sempre più rafforzando. «L’assassino – conferma la Procura – avrebbe potuto uccidere diverse volte la ragazza, poi ognuno può fare le sue deduzioni». Invece ha agito quando Trifone e Teresa erano entrambi in auto. «Giustiziati». È la parola più ricorrente tra gli investigatori. Tre colpi in testa a Trifone, altri tre contro Teresa mancandone soltanto uno.
L’OMBRA DEL SICARIO
«È arrivato, ha agito e se ne è andato senza destare sospetti, dimostrando di conoscere la città», osserva il magistrato. O era insieme al suo mandante? Perchè al momento l’ipotesi di un sicario ha «pari dignità». Nonostante le decine di persone sentite a sommarie informazioni, finora non è stato raccolto un elemento che consenta agli investigatori del Reparto crimini violenti e del Ros di Udine, che affiancano il Reparto investigativo di Pordenone, di imboccare la giusta traccia. La sera in cui i due giovani sono stati giustiziati c’erano 200 persone al palasport Crisafulli. Eppure nessuno ha visto. I carabinieri, incrociando i dati delle celle telefoniche e scorrendo i registri delle presenze, sono riusciti riusciti a censire l’esercito di piccoli e grandi sportivi che martedì 17 marzo, tra le 19 e le 20, si stava allenando. Ci sono i frequentatori della pesistica e della palestra fitness. Ci sono gli iscritti alla palestra Skorpion (arti marziali) che facevano yoga e kajukenbo. Ci sono i 32 bambini del basket e i ragazzi (tra cui molti minorenni) della pugilistica. E poi ci sono i runner sulla pista di atletica. A tutto questo popolo dello sport vanno aggiunte decine di genitori che andavano a portare o a prendere i figli. Decine di persone hanno già sfilato negli uffici della caserma del Comando provinciale dell’Arma. La maggior parte non ha visto nulla.
«IL RANTOLO DI UNA DONNA»
Un dodicenne che aspettava la mamma all’ora del delitto avrebbe notato un’utilitaria, ma non sarebbe in grado di ricordare il modello. Gli unici punti fissi restano il runner che, lasciata l’auto nei pressi della pesistica, quando comincia a correre verso la pista d’atletica si lascia alle spalle un rumore di «miccette». E poi il sollevatore di pesi che per ultimo vede la coppia di fidanzati ancora viva, sente i famosi colpi di petardo, si meraviglia per quei rumori e poi si affretta a uscire al parcheggio perchè ha la sensazione che la macchina dietro di lui voglia posteggiare al suo posto. E, infine, il papà di Prata che sta aspettando i figlio e sente un rantolo: «Mi sembrava – dirà più tardi alla gente che assiste sbigottita alle prime fasi del soccorso – il rantolo di una donna».