La Stampa, 25 marzo 2015
«Avremmo bisogno di tanti “casi Jolie” per ottenere un’adesione maggiore ai test e creare consapevolezza nelle nuove generazioni». Parla Umberto Veronesi
Quali sono le controindicazioni fisiche e piscologiche di questa scelta?
«Più che controindicazioni c’è un unico grande ostacolo, che è il desiderio di maternità e che senza ovaie è irrealizzabile. Alle donne che hanno mutati i geni Brac1 o Brac2 consiglio di avere una gravidanza appena possibile per poi sottoporsi all’intervento di asportazione, sapendo che di tumore ovarico ereditario ci si ammala, con maggiore probabilità, dopo i 40 anni. La femminilità di una donna può comunque rimanere intatta con terapie ormonali».
Il tumore si combatte in modo così radicale o le nuove terapie, anche geniche, consigliano strategie alternative?
«Il tumore del seno e dell’ovaio si combattono con la chirurgia e la radioterapia, mentre i test genetici ci aiutano nella prevenzione. Va detto che radioterapia e chirurgia si sono evolute negli ultimi anni. La stessa chirurgia può anche aiutare una donna mastectomizzata a ricostruire il proprio seno con risultati estetici oggi eccellenti».
Ci sono molte donne nella condizione della Jolie?
«Non abbiamo una riposta certa. Valutiamo che una percentuale fra il 2 e il 3% della popolazione femminile abbia mutazioni geniche ereditarie. La certezza non c’è, perché l’accesso ai test genetici non è ancora capillarmente diffuso e, dunque. la vicenda della Jolie dev’essere occasione per le donne di non avere paura di sottoporsi ai test e conoscersi».
Come si scoprono i geni «cattivi» che possono causare un tumore?
«Esclusivamente con i test genetici. Non sono percorsi complicati o invasivi. Basta un prelievo di materiale biologico, come il sangue. Oltretutto, in Italia, i test genetici sono spesso accessibili attraverso il Servizio Sanitario e le donne possono farsi prescrivere i test dal proprio medico di famiglia».
La scelta della Jolie ha generato fenomeni di emulazione?
«Sì. E per fortuna c’è stata una presa di coscienza nel mondo femminile, che ha a sua volta generato un dibattito nella comunità scientifica sul come rispondere meglio alle nuove possibilità di prevenzione offerte dai test genetici. Avremmo bisogno di tanti “casi Jolie” per ottenere un’adesione maggiore ai test e creare consapevolezza nelle nuove generazioni».