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 2015  marzo 25 Mercoledì calendario

Indagato nell’inchiesta Mafia Capitale, si è dimesso il capo di gabinetto di Nicola Zingaretti, Maurizio Venafro. Intanto nel caso della Metro C è sotto accusa l’assessore alla Mobilità e ai Trasporti del sindaco Marino, Guido Improta

L’appalto per la gestione del Recup (centro unico di prenotazioni sanitarie) coinvolge il vertice della Regione Lazio nell’inchiesta Mafia Capitale. Indagato dalla procura per turbativa d’asta, si è dimesso il capo di gabinetto di Nicola Zingaretti, Maurizio Venafro. «Decisione unilaterale e irrevocabile», resa pubblica con una lettera su carta intestata dell’ente. Venafro avrebbe indirizzato la gara nominando nella commissione aggiudicatrice Angelo Scozzafava, già dirigente del Campidoglio e dell’ospedale Sant’Andrea, indagato per associazione mafiosa e corruzione aggravata. Il braccio destro del Governatore è stato già ascoltato dai pm che in più riprese hanno acquisto alle indagini documenti relativi al bando. Il bando è stato revocato da Zingaretti all’indomani degli arresti di dicembre, quando ancora non era completato.
«Finché la mia posizione non sarà chiarita con l’inevitabile archiviazione, non intendo parlare dei fatti e delle ragioni che depongono per l’assoluta correttezza e trasparenza del mio operato», scrive Venafro. Le dimissioni sono concordate con il Governatore Zingaretti, che a stretto giro di comunicato stampa gli esprime stima per «l’onestà e la trasparenza del gesto. Un atto di grande responsabilità, non dovuto».
Il Recup, 60 milioni di euro, è uno degli affari più consistenti tra quelli agganciati dall’organizzazione di Massimo Carminati ed era stato chiuso due mesi prima che scattassero gli arresti. La rete delle coop gestite da Salvatore Buzzi, braccio imprenditoriale della banda, stava per mettere le mani su uno dei quattro lotti, 14 milioni circa, come emerge dalle indagini del Ros.
Dell’appalto parla Massimo Carminati: «In Regione c’avemo Luca (il capogruppo pdl Gramazio, ndr ), sicuramente è stato interessato. Se c’è da dà una spinta, gliela damo. Parlamo de 60 milioni è normale che su una cosa del genere ce stanno...». «So i servizi de Asl, de informazioni, sportelli, capito?», precisa Claudio Guarany, uno degli indagati. E il 3 settembre il collaboratore di Salvatore Buzzi, Claudio Cardarelli parla con Nadia Cerrito, che teneva la contabilità parallela del Consorzio Eriches. Cerrito: «... a Cla’ ma l’avemo vinto quel discorso de Formula Sociale (una delle coop, ndr ) per... dei Cup, dei Recup che era?». Cardarelli: «stiamo, ce va a pranzo oggi». Cerrito: «ma è buono come appalto Cla’?». Cardarelli: «14 milioni». Cerrito: «un botto!». La persona da incontrare a pranzo potrebbe essere Scozzafava.
Meno chiari gli approfondimenti investigativi che riguardano l’assessore capitolino alla Mobilità e ai Trasporti. Il nome di Guido Improta è finito nell’inchiesta romana sui costi della Metro C, costi lievitati in modo esponenziale e già sotto accusa da parte dei magistrati della Corte dei Conti.
L’assessore capitolino avrebbe giocato un ruolo di sponda fra amministrazione pubblica e costruttori quando, nell’autunno 2014, dopo un braccio di ferro imprese-Comune si decise il via libera a un nuovo pagamento di 90 milioni di euro nei confronti delle imprese del consorzio Metro C.
La rivelazione si deve, in parte, alle risultanze investigative di Firenze. Agli atti dei pm fiorentini è finito, infatti, il cruciale incontro al ministero delle Infrastrutture fra Guido Improta e il potentissimo Ercole Incalza del settembre 2013, quando furono sbloccati nuovi finanziamenti alle infrastrutture romane. «È tutto bizzarro. Mi riesce sorprendente che un esponente dell’amministrazione Marino possa essere coinvolto su vicende legate alla Metro C perché i soldi non li abbiamo chiesti noi, non li abbiamo stanziati noi, e non li abbiamo gestiti noi» ha replicato ieri Improta.