Corriere della Sera, 25 marzo 2015
I piloti dell’A320 tedesco non comunicano con i controllori. Non segnalano problemi o emergenze. Un elemento che ricorda l’altra tragedia, più misteriosa e intricata, quella del volo MH370, il Boeing 777 malese scomparso l’8 marzo di un anno fa sulla rotta Kuala Lumpur-Pechino
I piloti dell’A320 tedesco – secondo la versione prevalente – non comunicano con i controllori. Non segnalano problemi o emergenze. Strano ma non troppo, spiegano i veterani del cielo. Quando c’è una situazione improvvisa da fronteggiare chi è ai comandi deve concentrarsi sulla risposta, senza badare ad altro. Ribatte qualcuno: ma c’era comunque tempo per far partire un segnale d’allerta. Sarà l’indagine a spiegare quel «buco» che ricorda l’altra tragedia, più misteriosa e intricata. Quella del volo MH370, il Boeing 777 malese scomparso l’8 marzo di un anno fa sulla rotta Kuala Lumpur-Pechino. Per mesi ci si è interrogati sull’ultimo contatto radio tra uno dei piloti e la torre. All’1.19 una voce dalla cabina dice via radio: «Tutto bene, buona notte». All’1.21 il transponder dell’aereo si spegne. All’1.28 un radar vede un oggetto non identificato diretto verso Ovest. All’1.30 si perdono tutti i contatti. E da allora nessuno ha più saputo dove sia finito il jet. È in quella fascia di tempo che è avvenuto qualcosa. Un’avaria meccanica o un gesto criminale che porta il velivolo fuori rotta. E in assenza di informazioni precise è tornato, perentorio e angosciante, l’interrogativo: possibile che non siano riusciti a dare l’allarme? Domanda che si è sempre portata dietro la teoria di una mossa deliberata per distruggere l’aereo, dal suicidio del pilota al dirottamento. Ormai si vive in una realtà così scandita dalle news degli attacchi terroristici che quando sparisce un jet dagli schermi radar si pensa subito al sabotaggio. Comprensibile e umano, specie quando non si hanno certezze. È stato così anche per un altro Airbus, versione A330, dell’Air France finito nelle acque dell’Atlantico a nord del Brasile. L’inchiesta ha chiarito che c’è stato un insieme di concause. La tempesta, problemi ai sensori, la reazione non immediata e poco corretta del co-pilota e, in seguito, del comandante che al momento dell’emergenza stava riposando.