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 2015  marzo 24 Martedì calendario

Calciopoli, il reato ci fu ma è prescritto. La Cassazione conferma gli illeciti per Moggi e Giraudo e assolve gli arbitri Dattilo e Bertini. Ma al di là della prescrizione l’importanza sentenza sta nel fatto che la Corte suprema sancisce in maniera definitiva che il massimo campionato di calcio italiano fu davvero gestito da una organizzazione criminale

La Corte di cassazione ha confermato ieri a tarda notte le condanne nei confronti di Luciano Moggi, Antonio Giraudo e degli altri imputati del processo Calciopoli. I reati sono ormai tutti estinti per prescrizione, ma la decisione deli giudici della terza sezione penale (presidente Aldo Fiale) è ugualmente di fondamentale importanza per tutto quello che il processo nato da un’inchiesta della Procura di Napoli ha rappresentato per il mondo del calcio italiano, sconvolto nella primavera e nell’estate del 2006 da un terremoto che culminò con la retrocessione della Juventus in serie B nonché con l’annullamento degli scudetti vinti durante le stagioni 2004-2005 e 2005-2006. E soprattutto la sentenza della corte suprema è importante perché, al di là delle prescrizioni, sancisce in maniera definitiva e irrevocabile che il massimo campionato di calcio italiano fu davvero gestito da una organizzazione criminale, una associazione per delinquere che lo falsò pilotando designazioni arbitrali gradite a chi di quell’organizzazione era il capo e facendo in modo che i risultati favorissero la Juventus.
La decisione della Cassazione non è stata certamente semplice, dal momento che la camera di consiglio si è protratta per oltre quattro ore. Ma alla fine la corte ha accolto pressoché totalmente le richieste del rappresentante dell’accusa, il procuratore generale Gabriele Mazziotta, che in aula ha tenuto una requisitoria in cui nessuno sconto ha concesso a quello che negli anni dell’inchiesta fu definito il «sistema Moggi», se non addirittura la «cupola del calcio».
Una «cupola» capace di controllare l’andamento del campionato di serie A nella stagione 2004-2005 affinché tutto si muovesse in funzione degli interessi della Juventus e di quelle società che si ponevano sotto la protezione dell’allora potentissimo direttore generale bianconero. Uno scenario ricostruito nei dettagli dalla requisitoria del pg. Esisteva, ha sostenuto, «una struttura associativa nella quale tutti si ritrovavano ad attentare ai risultati delle singole partite», attraverso un «apparato organizzativo» che si basava sull’utilizzo di «schede telefoniche svizzere riservate, difficilmente aggredibili da intercettazioni legali o illegali».
Il pg ha individuato proprio nel ricorso e nella condivisione di quelle schede protette (che Moggi si procurava e distribuiva ai dirigenti arbitrali) l’esistenza di una associazione per delinquere.
Il rappresentante dell’accusa si è poi soffermato anche sulle attività della associazione mirata a pilotare la politica calcistica dando «appoggio a Carraro (uscito pulito dall’inchiesta, ndr), candidato al vertice della Figc», e combattendo a colpi di dossier chi come i fratelli Andrea e Diego Della Valle, patron e presidente della Fiorentina, che avrebbero voluto cambiare gli equilibri di potere del calcio italiano. Ma poi anch’essi si adeguarono e accettarono le regole imposte da Moggi. E per questo motivo ci sono anche i loro nomi nell’elenco degli imputati per i quali la corte ha confermato le condanne pur estinte dalla prescrizione. Così come c’è il nome di Claudio Lotito, oggi uomo forte della Figc targata Tavecchio, e in passato attivissimo interlocutore dell’allora vicepresidente federale Innocenzo Mazzini (pure per lui condanna confermata e prescrizione) per ottenere vantaggi in campionato.
Condanna confermata e prescrizione anche per l’ex designatore arbitrale Pierluigi Pairetto (mentre per l’altro ex designatore, Paolo Bergamo, il processo è tutto da rifare per un vizio formale), mentre escono innocenti dalla vicenda Calciopoli gli ex arbitri Paolo Bertini e Antonio Dattilo, per i quali sono state annullate le condanne subite in primo e secondo grado. Convinti di essere innocenti, e determinati affinché così venissero riconosciuti, entrambi avevano rinunciato in partenza alla prescrizione. Altrettanto aveva fatto l’arbitro Massimo De Santis. Anche lui avrebbe voluto dalla Cassazione una riabilitazione piena («Non c’è prova del legame con Moggi», ha inutilmente detto durante l’arringa difensiva il suo legale, Paolo Gallinelli), ma invece la Corte non lo ha riconosciuto innocente. E alla fine di quel lunghissimo elenco di indagati e poi di imputati che hanno fatto la storia del processo Calciopoli, l’ex arbitro Massimo De Santis è rimasto l’unico a subire una condanna definitiva.