Corriere della Sera, 24 marzo 2015
Ahmed Djemal, Ismail Enver e Mehmet Talaati, i tre giovani turchi che volevano restituire all’Impero ottomano la gloria perduta
Le comunico che i resti mortali di Enver Pasha riposano nel cimitero Abide – i Hurriyet di Istanbul nel quartiere di Sisli. I suoi resti furono portati in Turchia il 5 Agosto 1996 e accolti dalla nipote Sig.ra Nilgun Belbez vedova dell’ambasciatore Alptekin Unluturk. Nello stesso cimitero riposano anche i resti di Talaat Pasha. I resti di Djemal Pasha riposano probabilmente ancora a Tiblisi (Georgia) dove morì nel luglio del 1922. Un suo corposo articolo sul «terzetto» sarebbe sicuramente molto interessante.
Gennaro Mandato
Caro Mandato,
A hmed Djemal, Ismail Enver e Mehmet Talaat furono i tre membri del Direttorio militare che governò l’Impero Ottomano durante la Grande guerra. Avevano preso strade diverse (la carriera militare per Enver e Talaat, quella di funzionario dello Stato per Djemal) ma erano tutti «giovani turchi», vale a dire membri del Comitato Unione e Progresso, l’organizzazione nazionalista che voleva modernizzare la Turchia e, soprattutto, restituire all’Impero la gloria perduta.
Quando presero il potere, dopo il colpo di Stato del febbraio 1913, il «malato d’Europa» (come lo Stato ottomano fu definito sin dall’Ottocento) era soggetto a una sorta di vigilanza internazionale. Esistevano ancora le antiche capitolazioni che garantivano ai cittadini stranieri uno status giudiziario preferenziale. Il suo debito pubblico e la raccolta delle imposte erano soggetti al controllo di una istituzione internazionale, una sorta di superministero delle Finanze con un consiglio di gestione in cui era rappresentata anche l’Italia. Un accordo concluso con la Russia all’inizio del 1914 regolava lo status delle comunità armene e autorizzava l’ingresso di ispettori internazionali nelle loro aree di residenza. Nella crisi scoppiata dopo l’assassinio dell’arciduca Francesco Ferdinando, il 28 giugno del 1914, i tre moschettieri dell’Impero videro l’occasione del riscatto. Dopo la conclusione di un patto segreto con la Germania, diretto soprattutto contro la Russia, collaborarono attivamente con lo stato maggiore di Berlino per creare il casus belli. Quando due incrociatori tedeschi apparvero nelle acque del Bosforo il 12 agosto 1914, fu spiegato che erano stati venduti al governo turco e che di lì a poco avrebbero cambiato bandiera. Ma due settimane dopo le navi uscirono sul Mar Nero e apparvero all’alba del giorno dopo di fronte alla scalinata di Odessa per bombardare la città. Nelle ore seguenti la stessa operazione fu compiuta contro Fedosia, Sebastopoli e il porto georgiano di Batum.
Dopo avere soppresso le capitolazioni, il Direttorio approfittò del conflitto per «risolvere» la questione armena. Sotto la guida di Enver Pasha, furono sciolte le associazioni armene, vennero incarcerati i loro dirigenti e, soprattutto, fu decisa l’espulsione delle comunità armene dalle aree di residenza sul Mar Nero. Il rappresentante italiano al Debito pubblico ottomano, Bernardino Nogara, scrisse alla moglie il 4 luglio 1915: «Pensa a centinaia di migliaia di persone svelte dal suolo che da secoli abitavano e, prive di tutto, obbligate a percorrere centinaia di chilometri soffrendo la fame, la sete, senza un tetto». Nogara non poteva sapere naturalmente quale trattamento sarebbe stato riservato a quelle popolazioni durante l’esodo.
Talaat fu ucciso a Berlino da uno studente armeno nel marzo del 1921, Djemal fu ucciso a Tiblis in Georgia da tre militanti armeni nel luglio del 1922, Enver morì combattendo contro l’Armata Rossa nell’agosto del 1922.