Corriere della Sera, 24 marzo 2015
«Sono cubano, irlandese e italiano. E, non si sa come, sono diventato cristiano battista ultraconservatore». Così Ted Cruz, il senatore repubblicano del Texas, si candida alla Casa Bianca. È un antiabortista, anti matrimoni gay, anti statalista, ma a favore della piena libertà di armarsi
«Sono cubano, irlandese e italiano. E, non si sa come, sono diventato un Southern Baptist», cioè un cristiano battista ultraconservatore: la biografia più stringata se l’è scritta da solo Ted Cruz, il senatore repubblicano del Texas con la cui candidatura alle presidenziali del 2016, formalizzata ieri, si è aperta ufficialmente la campagna per la successione a Barack Obama.
Molti prendono sottogamba questo folletto della politica americana, bestia nera dei democratici, ma anche bastian contrario che ha fatto spesso impazzire i capi del suo stesso partito. Come quando, nel settembre 2013, trascinò i repubblicani in una sorta di ricatto politico: stop ai fondi per le amministrazioni federali, se Obama non avesse rinunciato a pezzi importanti della sua riforma sanitaria. Il risultato – una serrata di 16 giorni del governo – fu disastroso per l’immagine dei repubblicani. Ma Cruz, che accese la miccia con un’azione da primatista del filibustering, parlando in Senato per ben 21 ore consecutive, divenne istantaneamente l’eroe dei conservatori d’America e soprattutto dei Tea Party, dei quali è il candidato più in vista.
Se guardi l’agenda politica di Cruz – antiabortista, anti matrimoni gay, anti statalista, a favore della piena libertà di armarsi – puoi pensare di liquidare questo senatore 44enne come uno dei vari conservatori tradizionalisti che pescano voti nel bacino della destra religiosa integralista: una minoranza importante in America, ma pur sempre una minoranza, fatta soprattutto di gente con la pelle e i capelli bianchi. Be’, non è esattamente così. Non a caso per annunciare la sua candidatura Cruz ha scelto il campus della Liberty di Lynchburg in Virginia, considerata l’università cristiana più grande del mondo, ma anche l’ateneo più conservatore e integralista d’America: i suoi studenti devono sottoscrivere un codice d’onore che comprende, tra l’altro, l’impegno a non vedere film vietati ai minori, a non andare a feste danzanti e a evitare il gioco d’azzardo.
Cruz ha galvanizzato la platea degli studenti conservatori, ma le sue doti oratorie sono tali che il senatore texano ha già convinto anche molti ispanici a diventare feroci avversari della sanatoria proposta dalla Casa Bianca per i loro fratelli di sangue immigrati clandestinamente negli Stati Uniti. Ted è un abile oratore, ma è anche molto moderno nel modo di comunicare. Sa che, prima di poter sfidare un candidato repubblicano mainstream come Jeb Bush, dovrà vedersela con gli altri ultraconservatori come Santorum, Huckabee e Rand Paul. Così sta già battendo tutti i media: prima un tweet, poi la coreografia del campus che lo osanna per le televisioni, infine le interviste a giornali e siti.
Politicamente Ted è lontano anni luce da Obama, ma il discorso col quale si è presentato all’America ricalca la narrativa scelta da Barack per la campagna 2008: la storia di una famiglia che ha conquistato coi sacrifici il «sogno americano» e di un figlio che, partendo da una condizione sociale umile, è riuscito ad emergere fino a poter diventare il primo presidente nero d’America. Simile il copione di Cruz: il padre cubano oppositore di Batista, ma anche dei guerriglieri castristi, fuggito dall’isola nel 1957: «Mi ha insegnato il valore della libertà, quanto è fragile, quanto è facile perderla». E poi la madre, figlia di genitori irlandesi e italiani, nata in Delaware: la prima della famiglia ad andare al college. Laureata in matematica, è stata una pioniera della programmazione dei computer.
Ted – doppia laurea a Princeton e ad Harvard – ha preso da lei la voglia di studiare, la tenacia e anche la possibilità di candidarsi per la Casa Bianca. In teoria non potrebbe perché è nato fuori dagli Usa (a Calgary, in Canada) quando il padre non era ancora naturalizzato americano. L’ha salvato la mamma, statunitense dalla nascita. Un outsider, certo, ma da non sottovalutare.