Corriere della Sera, 24 marzo 2015
Lo strano silenzio di Varoufakis. Il ministro delle Finanze greco tace e salta i dibattiti. Ora i possibili sbocchi sono due: che tra pochi giorni la loquacità torni, oppure che venga sostituito. Ognuno di questi esiti direbbe qualcosa in più sugli obiettivi veri di Tsipras
Da qualche giorno, Yanis Varoufakis tace. Per un ministro delle Finanze di solito propenso a dare la sua opinione, è strano. Oggi, avrebbe dovuto partecipare a un dibattito a Londra: discutere con gli anglosassoni gli piace, prima di entrare nel governo greco di Alexis Tsipras insegnava e aveva casa negli Stati Uniti. Ciò nonostante, ha cancellato la sua partecipazione londinese.
Tra Berlino e Francoforte si dice che il silenzio non sia casuale: le obiezioni sollevate dai colleghi dell’Eurogruppo sui suoi modi di trattare e sui contenuti che propone avrebbero consigliato Atene – cioè Tsipras – di tenerlo a freno. Almeno di limitarlo nei giorni in cui il primo ministro ha partecipato al Consiglio europeo (la settimana scorsa) e ha poi incontrato Angela Merkel (ieri) per dare una spinta politica ai negoziati detti «aiuti-per-riforme».
Varoufakis è un economista di tendenza marxista e questo lo fa apparire eccentrico nelle riunioni dell’eurozona. Non tanto perché si comporta da marxista (neanche tanto) quanto piuttosto perché ha spesso l’approccio dell’accademico che dà lezione e – nelle riunioni politiche – si allontana dal cuore delle discussioni. Le critiche degli altri 18 ministri delle Finanze della zona euro vanno però oltre le questioni di forma. Praticamente tutti gli imputano di non essere mai arrivato con proposte concrete da discutere, solo richieste di aiuti finanziari: le liste di riforme che Atene ha promesso di fare non si sono ancora viste.
Il presidente dell’Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem, lo ha accusato di comportarsi scorrettamente con i media: avrebbe fatto circolare documenti non approvati prima che le riunioni finissero. Un’altra volta è entrato in riunione in ritardo seguito da una troupe televisiva e ha interrotto Mario Draghi che stava parlando.
In una diversa circostanza, il presidente della Bce gli ha fatto notare che continuare a dire che la Grecia è «insolvente» e in «bancarotta» è pericoloso, fa correre i risparmiatori agli sportelli delle banche per ritirare i loro soldi. Le sue polemiche con il ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schäuble sono ormai famose. E anche tra i politici europei ha fatto sollevare i sopraccigli il presunto dito medio rivolto ai tedeschi: un video controverso del 2013, quando Varoufakis non era ministro, ma che fu girato durante un convegno al «Festival Sovversivo» di Zagabria e nel quale l’allora accademico parlò sul tema «Confessioni di un marxista erratico nel mezzo di una crisi europea ripugnante».
Tutte cose che nelle riunioni di Bruxelles non vengono digerite bene, ma pazienza. Il problema è che sollevano questioni politiche sul reale desiderio del ministro di raggiungere un accordo con i partner. E, anzi, seminano il dubbio che la sua sia una strategia per non prendere impegni di riforma e per potere poi accusare i partner se le trattative fallissero. Da qui, la scelta prudente di «consigliargli» un periodo di silenzio.
Con due possibili sbocchi: che tra pochi giorni la loquacità torni oppure che, come più di un commentatore si aspetta, il ministro Varoufakis venga sostituito. Ognuno dei due esiti racconterebbe qualcosa degli obiettivi veri di Tsipras.