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 2015  marzo 24 Martedì calendario

George Soros lancia l’allarme: «Rischio populismo anche per colpa delle scelte della Bce». Intervista al grande investitore americano: «L’acquisto di titoli avrà effetti positivi sulla crescita e sull’occupazione, ma aumenterà le disparità sociali»

Il Front National resta forte, ma non sfonda alle elezioni dipartimentali in Francia, e queste per George Soros sono «buone notizie». Ma l’investitore e filantropo americano, nato a Budapest nel 1930 e fuggito da adolescente all’oppressione russa, non ne vede molte altre in Europa. Sospetta che il populismo si alimenterà delle disparità sociali, destinate a crescere – prevede Soros – con gli interventi della Banca centrale europea. Teme che Vladimir Putin usi gli estremisti nella Ue come un grimaldello per far penetrare l’influenza russa. Vede nell’Italia «l’anello più debole» della resistenza dei grandi Paesi all’aggressività di Mosca. Soprattutto, trova che il modo in cui Bruxelles, Berlino o Parigi trattano l’Ucraina «sia il capitolo più recente della tragedia dell’Unione europea».
Le mezze battute d’arresto del Front National in Francia o di Podemos in Spagna sono segni che un avvio di ripresa può frenare l’ascesa dei populisti?
«La ripresa economica aiuterà, se si conferma. Credo che il quantitative easing (Qe, il programma di acquisti di titoli da parte della Bce, ndr) viste le dimensioni dell’accomodamento che offre, avrà effetti positivi sulla crescita in area euro. Potrebbe aggiungere un punto o un punto e mezzo di Pil. Purtroppo però aumenterà anche le diseguaglianze fra Paesi creditori e Paesi debitori e fra persone ricche e povere».
Perché aumenterà le diseguaglianze?
«Il Qe funziona principalmente attraverso il valore degli attivi finanziari, facendolo lievitare. I lavoratori non vedranno molti miglioramenti nei loro salari, anche se l’occupazione potrebbe crescere. Ma chi è ricco vedrà aumentare il valore delle sue attività finanziarie».
Che effetti prevede dall’aprirsi di questo scarto?
«Il risentimento politico verso l’Unione europea è, semmai, destinato a crescere. Per chi ha meno di 50 anni nei Paesi pesantemente indebitati, la Ue è il nemico. Questo rafforza il richiamo del populismo».
Domenica a San Pietroburgo si è tenuto l’incontro delle destre estreme di tutta Europa. Perché proprio lì?
«Putin mantiene legami con i partiti nazionalisti di destra in Francia, con il Front National di Marine Le Pen, e in Gran Bretagna. In Grecia ha rapporti con Anel, il partito della destra nazionalista che fa parte del governo, ma anche con la sinistra ex comunista anch’essa nella maggioranza ad Atene».
A suo avviso qual è l’obiettivo per cui il presidente russo coltiva questa rete di rapporti?
«Putin ha un piano. La sua ambizione prima di tutto è dividere e destabilizzare l’Ucraina. Oltre a questo, mira anche a dividere la Ue, diffondere l’influenza russa e, se possibile, sostituire gli Stati Uniti come il principale fattore esterno di influenza sull’Unione europea. È noto che può già pesare molto sull’Ungheria, la Slovacchia e la Repubblica Ceca attraverso il controllo delle forniture di energia».
In altri termini, lei teme che Putin cerchi di imporre sull’Unione europea una sorta di divide et impera.
«Assolutamente. È l’altra faccia del problema ucraino. Da una parte c’è una nuova Ucraina determinata a diventare più simile a come la Ue dovrebbe essere. Dall’altro c’è anche una nuova Russia. Su questo ho una certa prospettiva storica, fui molto coinvolto negli eventi al momento del collasso dell’Unione sovietica 25 anni fa. Allora crollava l’Urss e la Ue stava emergendo. Adesso abbiamo una Russia risorgente piena di risentimento verso la Ue, e impegnata a riasserire se stessa come rivale degli Stati Uniti. È una Russia molto potente e molto ostile verso l’Europa. Ma la Ue non lo capisce e si divide».
Che ruolo vede per l’Italia in questo contesto?
«L’Italia è l’anello più debole fra i grandi Paesi europei».
In che senso, perché è la più vicina a Putin?
«Nel senso che sta ancora guardando agli interessi nell’esplorazione di giacimenti petroliferi in Russia e non è consapevole dei pericoli che la Russia rappresenta per l’Unione europea».
Come valuta la situazione nella guerra russo-ucraina, a questo punto?
«Temo che per il momento la Russia stia vincendo, e succede proprio perché l’Europa segue politiche sbagliate nei confronti dell’Ucraina. La sta trattando come se fosse un’altra Grecia, con sostegni finanziari goccia a goccia, giusto quanto basta all’Ucraina per sopravvivere ma non a prosperare e progredire sul piano politico ed economico».
L’errore europeo è imporre condizioni per gli aiuti?
«No, no. Quelle riforme richieste dalla Ue sono le stesse che vuole il governo di Kiev. La nuova classe dirigente ucraina è determinata a voltare pagina dopo la corruzione del regime di Viktor Yanukovich. Ma in Europa non viene capito, e il sostegno arriva all’Ucraina solo a piccoli passi mentre quel Paese lotta invece per sopravvivere. È il capitolo più recente di quella che chiamo la tragedia dell’Unione europea».
Ne fa parte anche il rischio di una Grecia schierata con Putin?
«Credo che il suo flirt con la Russia sia una carta negoziale. Ma è anche una soluzione di ripiego, un’alternativa di secondo piano se non ci fosse nessuna possibilità di accordo con il resto dell’area euro».