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 2015  marzo 24 Martedì calendario

Non toccate le vacanze estive. Spostare casse al mercato anziché oziare al mare? Giacché il lavoro sottopagato fino ai trent’anni e oltre è la normalità, costringere chi ne ha quindici a fare già la sua conoscenza è una cattiveria gratuita

Il ministro del Lavoro Giuliano Poletti si è lamentato della lunghezza esorbitante delle vacanze estive. Per un ragazzo, ha detto, tre mesi senza fare nulla sono troppi. Ne basterebbe la metà, mentre l’altra potrebbe essere impiegata più utilmente in attività formative. E ha portato a esempio i suoi figli, che durante le estati dell’adolescenza andavano a spostare le casse al mercato e non se ne sono mai pentiti. Come ogni attacco alle residue sacche di felicità della vita, la proposta del ministro è stata calorosamente applaudita da parecchi adulti.
Mi permetto di dissentire. E non perché io coltivi solo memorie meravigliose delle mie estati fancazziste. Anzi, le ricordo popolate di incontri sbagliati, tempi morti infiniti, incertezze e angosce che nemmeno i baci ricambiati e i film avvincenti riuscivano completamente a lenire (per non parlare dei baci rifiutati e dei film noiosi). Eppure ho la sensazione che il mio (pessimo) carattere si sia formato in quei lunghi periodi di vuoto. È nei mesi dell’ozio che ho coccolato sogni inauditi e accumulato esperienze significative. Non ho mai spostato casse al mercato. In compenso ho raccolto mele. Chili e chili di mele. Più o meno per mia scelta, però. Non perché mi fosse stato imposto da una legge, che da buon italiano avrei subito cercato di violare. Tra l’altro quelli erano ancora tempi in cui il lavoro sottopagato procurava un brivido di trasgressione. Poiché oggi rappresenta la normalità fino ai trent’anni e oltre, costringere chi ne ha quindici a fare già la sua conoscenza mi sembra una cattiveria, anch’essa gratuita.