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 2015  marzo 24 Martedì calendario

A proposito del processo contro Erri De Luca e dei tanti intellettuali che hanno firmato e firmano con disinvoltura appelli e prese di posizione perché suonano bene, piuttosto che per effettiva conoscenza della materia (come per il caso Cesare Battisti)

Non so se avere definito “assurdo” il processo torinese contro Erri De Luca, anzi contro le sue parole, basti a defalcarmi dal novero dei conformisti e dei pavidi che lo stesso De Luca chiama in causa. Vorrei però aggiungere ai gironi (effettivamente esistenti, e piuttosto gremiti) dei conformisti e dei pavidi una terza bolgia, nella quale mi dispiacerebbe ugualmente sprofondare, che è quella dei disinvolti. Mi riferisco ai tanti intellettuali (è capitato anche a me) che hanno firmato e firmano con disinvoltura appelli e prese di posizione perché suonano bene, piuttosto che per effettiva conoscenza della materia. Esempio classico gli appelli indignatissimi di francesi intelligentissimi sul caso di Cesare Battisti, che è un perseguitato politico tanto quanto io sono una ragazza avvenente. Esiste, per chi ha parola pubblica, l’obbligo della testimonianza e del rischio; ma anche l’obbligo dell’onestà intellettuale. Esprimere, contro la Tav o in suo favore, certezze che si possiedono, non solo è lecito; è anche ammirevole. Ma simulare, contro la Tav o in suo favore, certezze che non si hanno, è banalmente disonesto. È un esercizio indebito di prestanza intellettuale (e di ricerca dell’applauso) laddove un grumo di dubbi rende opaco il problema. Io ammiro in Erri De Luca, lo dico davvero, la luce nitida della scrittura e dei sentimenti dalla quale discende. Ma mi permetto di suggerirgli di non considerare “dalla sua parte” chiunque alzi la voce, e “contro di lui” chiunque taccia.