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 2015  marzo 23 Lunedì calendario

Cara acqua. Le tariffe sono aumentate del 95% negli ultimi dieci anni. Il triplo rispetto agli altri Paesi dell’Ue

Qualcuno l’aveva anche previsto, subito bollato come uccello del malaugurio. Quando però tre mesi fa l’ Ansa ha dato notizia che con il nuovo metodo stabilito per calcolare le tariffe le bollette dell’acqua sarebbero salite quest’anno ancora del 4,8%, si è capito che la profezia era tutt’altro che campata per aria. E una indagine ancora inedita sull’andamento dei prezzi nei servizi pubblici locali ora lo conferma. Secondo l’ufficio studi della Confartigianato, dal 2004 al 2014 le tariffe dell’acqua sono aumentate mediamente del 95,8%. Un aumento monstre, addirittura triplo rispetto alla crescita dei prezzi di quel servizio registrati nella media dei Paesi europei aderenti alla moneta unica (34,9%). Considerando un’inflazione cumulata del 21,1%, il rincaro reale è stato del 74,7%, a un ritmo medio del 7,5% annuo.
Stando così le cose il referendum del 2011 con il quale 23 milioni di italiani, più del 96 per cento di quanti si recarono a votare, hanno deciso che i servizi idrici devono restare in mano pubblica, non è certo servito a calmierare il costo dell’acqua. Un «bene comune», come recitava la propaganda referendaria, sempre più costoso: senza che si riesca a porre fine a una situazione che ci vede fra i più spreconi del continente. Dicono i dati ufficiali che nel 2014 ogni famiglia ha speso in media per la bolletta idrica 355 euro, fino al top di Firenze che con 563 euro ha battuto tutte le altre città. E se il prezzo è risultato in media più alto del 6,6% rispetto all’anno precedente, anche le perdite sono aumentate del 3%. Fra buchi e furti si perde il 37% dell’acqua immessa nei tubi, con punte del 60% nel Lazio e in Calabria.
Nessun altro servizio locale ha messo in evidenza dal 2004 a oggi dinamiche dei prezzi tanto sostenute, a dimostrazione del fatto che l’equazione fra gestione pubblica ed efficienza in Italia non è affatto scontata. Ma gli utenti non si possono lamentare soltanto dell’acqua. Prendiamo i trasporti. Negli ultimi cinque anni i costi medi sono lievitati del 16,2%, quasi il doppio dell’inflazione. Per non parlare dei rifiuti solidi urbani. In dieci anni la tassa è cresciuta in media del 61,9%: il triplo rispetto all’inflazione e più del doppio dell’area dell’euro. Ed è un confronto che dice tutto a proposito della strada che abbiamo imboccato.
Nei cinque anni del federalismo made in Italy, spiega ancora la Confartigianato, le tariffe dei servizi pubblici non energetici (acqua, trasporti e rifiuti) sono aumentate del 25,9%, contro il 13,3% nel complesso dei Paesi a moneta unica. Di cui facciamo parte anche noi, contribuendo così ad alzare decisamente la media dei costi. Ma non quella della qualità.
La pulizia delle città, per esempio. L’indagine dell’eurobarometro sui livelli di soddisfazione degli abitanti di 83 città dei 28 Paesi dell’Unione più Turchia, Islanda, Norvegia e Svizzera ha dato risultati sconcertanti. Quasi tutti i centri italiani presi in esame sono nelle parti basse della classifica: Bologna occupa la casella numero 46, Torino la 55, Roma è al posto 78, Napoli all’80 e Palermo addirittura all’82. Ci consola soltanto il dodicesimo posto di Verona: ma è una consolazione piuttosto magra. Esiti non migliori arrivano da un’altra indagine, quella che riguarda la soddisfazione dei cittadini per i trasporti pubblici. Fra i 28 Paesi dell’Unione siamo terzultimi, con il 53% di giudizi positivi, davanti soltanto a Cipro (49%) e Malta (31%).
Fuor di dubbio che la causa di costi e inefficienza abbia a che vedere con un numero abnorme di società partecipate locali. Le amministrazioni locali hanno in portafoglio 35.311 partecipazioni in 7.721 imprese. Lo studio ricorda che 3.035 di queste società hanno meno di sei dipendenti. Le dimensioni medie sono molto ridotte: il 62% ha un fatturato inferiore a 10 milioni, rappresentando appena il 7% della produzione totale. I costi di amministrazione sono quindi elevatissimi, con 37 mila cariche sociali distribuite su 26.500 persone. L’ex commissario straordinario alla spending review li aveva calcolati in 450 milioni. Lo stesso Carlo Cottarelli aveva delineato un percorso che avrebbe dovuto portare il numero di queste partecipazioni da circa 8 mila a non più di mille. La legge di Stabilità del 2015 ha ora fissato il principio che entro il 31 marzo gli enti locali debbano fare un piano di razionalizzazione. Staremo a vedere. «Alle imprese pubbliche locali è necessaria e con urgenza una robusta iniezione di efficienza. Ne va della qualità dei servizi e della convenienza di prezzi e tariffe. Le regole di una sana gestione imprenditoriale non possono valere solo per i privati», dice il presidente della Confartigianato Giorgio Merletti. Con un riferimento neppure troppo velato al problema della concorrenza.
La sua associazione sottolinea che nei settori dei servizi pubblici, gli affidamenti con gara sono appena 269 su 13.134: il 2%, contro il 52,6% di assegnazioni dirette a società in house o imprese miste. Enorme il giro d’affari. Tredici miliardi è il costo dei servizi, a cui vanno aggiunti tre miliardi per trasferimenti correnti e in conto capitale oltre a un paio di miliardi per coprire le immancabili perdite. Totale: 18 miliardi.