Corriere della Sera, 23 marzo 2015
Quattro anni con Pisapia. Dalla battaglia con la Moratti al Modello Milano
In principio la madre di tutte le battaglie all’interno della coalizione fu Expo. Sarà stata anche l’alleanza che ha portato Giuliano Pisapia alla schiacciante vittoria del 2011 contro Letizia Moratti, ma gli anelli della lunghissima catena arancione che va (andava) da un centrista come Bruno Tabacci fino a Rifondazione comunista passando per il Pd, Sel e i movimenti civici, ha subito pesanti sfilacciamenti in questi tre anni e mezzo di legislatura. Il primo strappo dopo soli tre mesi dall’insediamento, quando la giunta Pisapia sottopose al Consiglio comunale l’accordo di programma sulle aree di Expo. Il presidente dell’aula, Basilio Rizzo, storico esponente della sinistra milanese, lasciò la sua poltrona, andò a sedersi in mezzo ai consiglieri e annunciò il voto contrario, contestando i contenuti del documento «che non dà garanzie sul dopo Expo e soprattutto che ci fa partecipi di scelte sbagliate fatte dalla giunta precedente che noi dovremmo correggere».
È stata solo la prima di una lunga serie di scaramucce tra l’avvocato penalista vicino a Sel e i suoi alleati di sinistra-sinistra. Ma anche con il partito di maggioranza relativa le cose non sono sempre andate lisce. Anzi. Come non ricordare la lunga battaglia che portò alla cacciata dell’assessore, Stefano Boeri, il candidato Pd alle primarie sconfitto dallo stesso Pisapia? Anche in questo caso ci fu di mezzo lo zampino di Expo. Boeri architetto e progettista del concept iniziale del sito espositivo si aspettava deleghe e competenza piene sull’argomento, che invece furono molto limitate. Da qui la guerra fredda che avrebbe portato, di lì a pochi mesi, alle dimissioni dell’archistar. Fuori uno.
Poco dopo cominciò a incrinarsi il rapporto di fiducia con il direttore generale Davide Corritore, attivissimo in tutta la campagna elettorale, messo a guidare la macchina comunale, ma finito nel mirino della giunta. La rottura consensuale arrivò nel giugno 2013. A pesare nei due anni di difficili rapporti fu tra l’altro l’operazione di vendita delle quote di Sea. Operazione su cui si era molto speso anche l’assessore al Bilancio, Bruno Tabacci che poco dopo lasciò la squadra per candidarsi in Parlamento. Il voto del 2013 fece uscire di scena anche l’assessore Lucia Castellano (eletta in Regione e il vicesindaco, Maria Grazia Guida che, a differenza di Tabacci, non vinse la corsa verso Roma e restò senza incarico).
Più o meno in contemporanea con l’ascesa di Matteo Renzi si modificarono anche i rapporti fra Pisapia e il Pd. Il nuovo segretario cittadino Pietro Bussolati, renziano doc e alfiere del nuovo corso, lanciò il guanto di sfida con un intervento sulle candidature ai vertici delle partecipate. Per la prima volta il Pd annunciò di voler esprimere proprie candidature da sottoporre al sindaco. Pisapia lesse l’intervento, sia per i toni usati sia per l’insistenza, come una ingerenza.
Arriviamo all’ultimo capitolo. Quello, forse, più doloroso per il mondo della sinistra. Quando a fine settembre Pisapia invitato a Ballarò attaccò duramente il sindacato: «Ci credo sempre meno». E portò due esempi concreti. Lo spostamento di due lavoratori da un settore all’altro? «La risposta del sindacato è stata lo sciopero generale». Analoga resistenza quando il Comune ha tentato di spostare i commessi che stazionano ai piani di Palazzo Marino: «Volevamo metterli nelle scuole... C’è una difesa corporativa che non è più accettabile».
Alla fine Pisapia con sforzi da funambolo è riuscito a tenere unita la coalizione. Ora, vorrebbe che il Modello Milano venisse replicato anche alle Comunali del 2016. Ma senza di lui sarà un’impresa ai limiti del possibile.