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 2015  marzo 23 Lunedì calendario

Ribelle, controcorrente, eretico, anticonformista. Fino alla fine. Il teologo Hans Küng rivendica il diritto di scegliere il momento ultimo, quello del trapasso. L’eutanasia è la sua ultima battaglia teologica, portata avanti col saggio “Morire Felici? Lasciare la vita senza paura”

Ribelle, controcorrente, eretico, anticonformista. Fino alla fine. Il teologo Hans Küng rivendica il diritto di scegliere il momento ultimo, quello del trapasso. L’eutanasia è la sua ultima battaglia teologica. «Il singolo possiede sia una responsabilità davanti a Dio e agli uomini, sia il diritto di decidere in autonomia della propria vita e della propria morte». Ora che la salute lo sta abbandonando, il teologo di Tubinga ha rafforzato la tesi dell’autodeterminazione anche se in disaccordo con il Magistero della Chiesa. La svolta è giustificata perchè pone fine alle sofferenze e alle fasi ultime delle più gravi malattie degenerative. In un saggio intitolato Morire Felici? Lasciare la vita senza paura (Rizzoli, 158 pagine, 16 euro), il teologo reclama aperture teologiche, rivendicando il suo essere cattolico e cristiano. «In me non vi è nessun arretramento nella fede». Il libro lo ha ultimato nel giugno dell’anno scorso, poco prima che le sue condizioni di salute subissero un peggioramento causato dal Parkinson. «Letteralmente da un giorno all’altro ho avuto l’impressione di aver perso il controllo della mia vita, una situazione che è migliorata a poco a poco solo dopo settimane di tenace assistenza medica. Era proprio l’esperienza che volevo evitare a tutti i costi, non poter più decidere liberamente della mia vita e della mia morte, lasciarmi sfuggire il momento giusto». Küng spiega che questa convinzione l’ha maturata nel tempo. In particolare osservando, diversi anni fa, la morte del fratello Georg causata da un tumore al cervello e quella, più recente, dell’amico e collega Walter Jens, ridotto a una condizione vegetativa. «Queste esperienze hanno consolidato la mia convinzione: non voglio morire così!». Küng dichiara di continuare ancora «a professare la prima delle quattro norme immutabili dell’etica mondiale, quella del rispetto per ogni vita». Assicura che il dogma della sacralità della persona resta un caposaldo della cultura cattolica nonostante il diritto alla dolce morte. Non si tratta di principi antitetici, né di una contraddizione. «Proprio alla luce di questa fede nella vita, posso scegliere con la mia responsabilità quando e come morire. Se mi venisse concesso, vorrei spegnermi in modo consapevole e dire addio ai miei cari con dignità».
LA VITA ETERNA
A suo dire un atteggiamento del genere «si fonda sulla speranza di una vita eterna». Insomma l’eutanasia «non ha nulla a che vedere con un auto-assassinio arbitrario ed empio». La legalizzazione della «morte consapevole» è in grado di interpretare in maniera più profonda il valore della sacralità della persona? Le domande di Küng si accavallano; perché non accettare la possibilità di restituire gentilmente il dono della vita? «È parte del mio modo di concepire la vita, ed è legata alla mia fede nella Vita Eterna, la scelta di non protrarre a tempo indeterminato la vita terrena». Ancora: «È conseguenza del principio della dignità umana il principio del diritto all’autodeterminazione, anche per l’ultima tappa. Dal diritto alla vita non deriva in nessun caso il dovere di continuare a vivere in ogni circostanza. L’aiuto a morire va inteso come estremo aiuto a vivere». Attualmente Hans Küng (che è ricoverato in Svizzera) ha annunciato di voler porre fine alla sua vita quando saranno percepibili i sintomi del degrado spirituale e fisico. È membro di Exit, l’organizzazione che assiste chi desidera essere aiutato a morire sereno.