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 2015  marzo 23 Lunedì calendario

La lista nera del Califfo, nomi e indirizzi dei cento soldati americani da uccidere: «Ora che vi abbiamo fornito gli indirizzi abbiamo semplificato il vostro compito - dice il testo del messaggio, rivolto ai militanti jihadisti di tutto il mondo - Cosa aspettate? Tocca a voi muovere l’ultimo passo»

«Questi sono i nostri nemici. Andate e uccidete loro e tutti i membri delle loro famiglie». L’inedito gruppo dell’Isis “Hacker Division” ha pubblicato una lista di cento nomi, tutti soldati dell’esercito americano, che stando a quanto scritto nel comunicato hanno partecipato ai bombardamenti contro i combattenti del califfato. Ognuno dei militari statunitensi è individuato con il nome, la foto, e l’indirizzo casalingo in patria. «Ora che vi abbiamo fornito gli indirizzi abbiamo semplificato il vostro compito – dice il testo del messaggio, rivolto ai militanti jihadisti di tutto il mondo – Cosa aspettate? Tocca a voi muovere l’ultimo passo».
Il nucleo investigativo dei marines non è in grado ancora di verificare l’autenticità della sigla che firma il sito web, ma esclude fin d’ora che le informazioni pubblicate, contrariamente a quanto vantato dagli estensori del messaggio, siano state ottenute con un’infiltrazione telematica negli archivi delle Forze Armate. I dati personali sarebbero stati invece raccolti con un’analisi meticolosa degli articoli pubblicati dalla stampa internazionale dai campi di battaglia, nei quali a volte appaiono i nomi dei soldati. Altri dettagli sarebbero filtrati da documenti di pubblico dominio, come le liste del personale stanziato presso una specifica caserma che fornisce truppe per le operazioni sul campo. Comunque sia andata l’allarme è massimo, e tutti i soldati nell’elenco sono stati avvertiti. Devono cercare di cancellare quanto più possibile le tracce che hanno disseminato in Internet nel corso degli anni: le pagine di Facebook e le foto, i contatti con le famiglie.
LA PRIMA VOLTA
I capi militari di un esercito sono sempre stati esposti: di loro i nemici conoscono nomi e fattezze fisiche. Ma mai prima d’ora una simile identificazione si era allargata ai singoli soldati e alle loro famiglie. Questa novità estende la minaccia a un numero esponenziale di possibili bersagli, che i militanti dell’Isis potrebbero cercare di colpire. Le guerre in corso e quelle future si aprono ad un teatro di orrore permanente, inconcepibile fino a pochi anni fa. Gli inquirenti americani sono confusi da alcuni dei nomi presenti nella lista, associati a militari in forza ad unità aeree che non hanno partecipato ai bombardamenti in Iraq e in Siria. Se di errori si tratta, questi sono ancora più pericolosi perché estendono la minaccia anche alle famiglie dei soldati in fase di addestramento. L’Isis sta vincendo la guerra di propaganda perché riesce a estendere con ogni nuova azione l’invito alla lotta diretto a cerchi di simpatizzanti sempre più larghi, e allo stesso tempo a destabilizzare la serenità della popolazione civile a grande distanza dalle zone colpite dalle milizie.
Il tema dell’impegno dei soldati statunitensi è anche al centro dell’incontro tra Obama e il nuovo presidente afgano Ashraf Ghani, giunto ieri a Washington per la prima visita ufficiale dopo la sua elezione. Uno dei primi atti del suo mandato è stato la firma di un accordo per il prolungamento della presenza americana sul suolo afgano, che il predecessore Karzai aveva a lungo osteggiato.
IL RITIRO DALL’AFGHANISTAN
Ora che l’accordo con la Casa Bianca è stato raggiunto, si discute di nuovo sui tempi del ritiro definitivo, e sull’utilizzo del contingente ancora stanziato nel paese. Obama vorrebbe riportare a casa entro la fine dell’anno 4.300 dei 9.800 marines che sono al momento impegnati ad addestrare l’esercito locale. Ghani vorrebbe convincere il presidente americano a rimuovere la certezza della data. «L’esistenza di un fronte afgano – ha detto Ghani in un’intervista televisiva a Washington – è servita anche a scongiurare che alcune delle tensioni che animano la nostra regione sconfinassero dal Medio Oriente e si riversassero a lunga distanza, anche negli Usa». Ghani si riferisce alle milizie del califfato, che i talebani hanno iniziato a corteggiare negli ultimi tempi, e che potrebbero trovare un fertile terreno di espansione nel precario equilibrio militare del suo paese.