la Repubblica, 23 marzo 2015
Parentesi, punti e virgole che riflettono i nostri umori. Così abbiamo inventato un nuovo modo di comunicare dando un tono ai nostri messaggi. Da WhatsApp a Twitter
Poco tempo e molti segni, messaggini inviati di corsa, fra un appuntamento e l’altro. Abbiamo cominciato aprendo o chiudendo una parentesi e mettendoci di seguito i due punti per dire agli altri, via sms o via WhatsApp, che eravamo allegri o tristi. Ma quello è già un paleolitico della comunicazione: dagli emoticon siamo agli emoji, i pittogrammi giapponesi che oltre alle faccine, sono treni, aerei, fiori, piante, animali, matite, auto, cuori colorati, trafitti, volanti e mille altre cose. Un album che sintetizza stati d’animo, riassume emozioni senza passare attraverso le parole. Cosa sta succedendo alla lingua scritta? Che conseguenze ha la velocità che imprimiamo alla comunicazione sui punti e sulle virgole? Chiede strada una nuova punteggiatura? Stiamo forzando le norme o saltano le grammatiche? «Nessun allarme – tranquillizza Claudio Marazzini, presidente dell’Accademia della Crusca – utilizziamo su vari canali e adottiamo per ciascuno un diverso genere di scrittura». Lo facciamo spesso inconsapevolmente, spesso perché è comodo e taglia i tempi.«La comunicazione rapida, da WhatsApp a twitter – prosegue Marazzini – non va in cerca di sfumature, predilige la sintesi, leva per esempio il punto a fine del periodo. Rinuncia all’ipotassi si nutre di un linguaggio semplice, di base». Le frasi si asciugano, diventano essenziali, separate non da un punto, ma da un invio. «Si tende a dividere un testo in più messaggi consecutivi per dare ritmo al dialogo, favorire le repliche, incoraggiare l’interazione e tenere aperto il contatto» spiega Elena Pistolesi, docente all’ateneo di Modena e Reggio di Linguistica italiana e autrice de “Il parlar spedito. L’italiano di chat, e-mail e sms”.L’italiano che passa dagli smartphone è una lingua vicina al parlato, una comunicazione “superficiale”, l’uso che facciamo della punteggiatura non può prescindere da questa linea di partenza. Se facciamo a meno del punto, abbondiamo nelle esclamazioni con messaggi pieni di punti interrogativi, esclamativi e puntini di sospensione che, a seconda di come sono collocati, assumono significati diversi: «Con la punteggiatura e le faccine sopperiamo al fatto che il dialogo da smartphone a smartphone ha qualcosa in meno del dialogo faccia a faccia, non c’è l’espressività dei volti, l’avvicinarsi, l’allontanarsi, il tono della voce. Per questo usiamo i segni interpuntivi» osserva Massimo Prada, docente di linguistica italiana alla Statale di Milano. «Stiamo creando – riprende – un nuovo genere e siamo in rodaggio: le regole vanno negoziate ». Significa che ci troviamo in una zona grigia dove ciascuno dà un’interpretazione, dove i segni sono codici da condividere con la propria tribù: un “Ciao” senza esclamazioni è un saluto freddo rispetto a “Ciao!!!” o, ancora di più, a “Ciao...!!!”.«L’uso abbondante di punti esclamativi e interrogativi si spiega in rapporto al dialogo scritto, fatto di domande e segnali che chiedono conferma (ok? capito?) – riprende Pistolesi – però il fenomeno da osservare ora è quello degli emoji, che stanno prendendo il posto delle vecchie faccine soprattutto su WhatsApp». Secondo Ben Zimmer, direttore di Vocabulary. com, «la punteggiatura digitale trasmette più informazioni di quella di altri testi scritti perché deve comunicare un’intonazione e un’emozione». Dal Quattrocento a oggi, cioè da quando è stata inventata, la punteggiatura ha una doppia funzione sintattica ed emotiva. Al tempo del digitale la seconda sembra prendere il sopravvento: «Quando metto sei o sette punti interrogativi alla fine dei una frase – spiega Margherita, studentessa fiorentina – significa che voglio presto una risposta oppure che faccio una domanda con stupore». Nell’abbondanza o nella carestia di segni, la punteggiatura “parla”, comunica anche senza le parole: «Adeguiamo semplicemente la lingua alle esigenze – spiega Luisa Carrada, blogger del “Mestiere di scrivere” e consulente di aziende in materia di scrittura – pazienza se facciamo un uso personale della punteggiatura, conta distinguere i contesti». Non scrivere un curriculum con lo stile di WhatsApp o un tema con lo slang di una chat. Ma ne siamo consapevoli?