Il Sole 24 Ore, 23 marzo 2015
L’inflazione e i segreti dei panieri d’Europa. Più hi-tech e benessere, con un occhio alla globalizzazione. Così i cinque big europei rilevano il costo della vita. Nel definire il carrello virtuale della spesa, però, ciascun ufficio di statistica ha ampia autonomia
L’applicazione musicale Spotify scalza il navigatore satellitare, mentre debuttano le sigarette elettroniche e le polveri proteiche. Succede in Gran Bretagna, dove l’Ufficio di Statistica ha appena aggiornato il paniere dei prezzi di beni e servizi per calcolare il costo della vita. Bacon, pane e thé restano invece punti fermi per gli inglesi e resistono nella lista fin dalla sua introduzione nel 1948. Le abitudini e i consumi cambiano all’insegna del benessere, dell’hi-tech e della globalizzazione. Così anche la statistica si adegua: in Germania, accanto ai tradizionali wurst in tutte le loro declinazioni spunta il gyros, il tradizionale spiedino greco, tra i 600 prodotti sotto osservazione, mentre in Italia fanno il loro ingresso nella rilevazione pasta e biscotti senza glutine, car sharing e caffè al ginseng. E insieme ai singoli beni da Nord a Sud dell’Europa cambiano anche i pesi delle singole voci di spesa: rispetto al 2007, ad esempio, quest’anno i prezzi legati alla casa hanno acquistato un’importanza sempre maggiore. Il Sole 24 Ore ha passato in rassegna i panieri dei cinque big europei per calcolare il Cpi, l’indice nazionale dei prezzi al consumo (che in Italia si chiama Nic), utilizzato dai governi per elaborare le politiche economiche. Insieme all’Hicp, l’indice armonizzato dei prezzi al consumo, monitorato dalla Bce per delineare la politica monetaria, il Cpi è uno dei due pilastri per misurare l’inflazione. «Rispetto all’indice armonizzato – spiega Federico Polidoro, dirigente del Servizio prezzi al consumo dell’Istat – quello nazionale include alcune voci come le lotterie e i concorsi pronostici e considera il prezzo pieno di vendita, mentre l’Hicp si concentra sul prezzo effettivamente pagato (per esempio il ticket nel caso dei farmaci di fascia A)».
L’indicatore dei prezzi al consumo che gli uffici di statistica diffondono ogni mese è frutto di un monitoraggio capillare sul territorio per captare complessivamente, per i cinque Paesi considerati, quasi 1,5 milioni di prezzi di oltre 4.200 prodotti. Nella definizione del carrello virtuale della spesa ciascun ufficio di statistica ha un ampio grado di autonomia. Il paniere si presenta infatti come una sorta di matrioska composta da 12 capitoli di beni e servizi con una rilevanza diversa a seconda dei consumi effettivi di un Paese, e al loro interno singole categorie di spesa che si scompongono successivamente in voci di prodotto che variano da area ad area: dai 489 della Spagna fino ai 1.441 dell’Italia. Anche la cadenza dell’aggiornamento varia. Se a Roma, Parigi, Madrid e Londra avviene una volta all’anno, in Germania, dove solo nel 2003 è stato creato un paniere unificato tra l’Est e l’Ovest, il restyling è previsto ogni cinque anni.
Rispetto al 2007 la Spagna mantiene il primato per cibi e bevande non alcoliche che valgono quasi il 20% del paniere. La crisi ha però lasciato il segno, tanto che le voci «pesce fresco» e le carni perdono terreno. Tengono invece le uova e i formaggi. Madrid supera gli altri 4 Paesi anche per il peso attribuito ai trasporti e alle tlc. La Gran Bretagna si distingue invece per la maggior rilevanza delle spese per l’istruzione (2,6% in forte aumento rispetto al 2007), spettacoli e cultura (14,7%), bevande alcoliche e tabacchi (4,3 per cento). Qui l’aggiornamento della scorsa settimana ha inserito tra le voci la birra artigianale che sembra aver conquistato il cuore degli inglesi. La Francia riserva invece ai servizi sanitari e alle spesa per la salute ben il 10% del paniere.
L’Italia spicca invece per il peso della voce di spesa per mobili e articoli per la casa che vale il 7,6% del paniere (in calo rispetto all’8,6% del 2007). La Germania vanta invece il primato incontrastato per la spesa legata all’abitazione (affitti, utenze di luce, acqua e gas), che vale ben il 31% del carrello virtuale. Qui l’Italia è all’ultimo posto. Un divario che si spiega anche una differenza metodologica: «A differenza di altri Paesi che tengono conto dei fitti imputati – dice – noi consideriamo esclusivamente quelli reali. La crescita del peso delle spese per l’abitazione registrata negli ultimi anni riflette però senz’altro anche le forti tensioni inflazionistiche che hanno caratterizzato i servizi per la casa».
Quanto è affidabile questo strumento, cartina al tornasole dei consumi? «Riteniamo – conclude Polidoro – che ad oggi sia il miglior strumento di rilevazione possibile, con un campione ampio e rappresentativo e una copertura sul territorio capillare. L’aggiornamento annuo ci consente inoltre di tenere conto delle abitudini di spesa delle famiglie e di arricchire la gamma dei prodotti che rappresentano consumi consolidati».