20 marzo 2015
La deriva inarrestabile della Roma di Garcia e la vergogna della squadra prona sotto la curva per farsi insultare da quattro barbari. Il Napoli sicuro e in crescita. La rimonta (impossibile) fallita del Torino, generoso e sfortunato, e la sconfitta dell’Inter, generosa e squilibrata. Facciamo il punto sulle squadre italiane in Europa
Gol, rigori, ultras e barbari: ecco cosa hanno scritto i giornali sulla giornata di Europa League delle italiane.
La notizia è la deriva romanista, poi la conferma che l’Inter è generosa ma ha limiti di equilibrio che non sono superabili [Mario Sconcerti, Cds].
Due su cinque, Fiorentina e Napoli. Una doveva uscire per forza, e lo ha fatto nel modo peggiore prima come squadre e poi come pubblico, le altre hanno fallito un’impresa comunque improbabile ma il Toro almeno ci ha provato per davvero. Non è il bottino che si sperava, ma grazie anche alla Juventus tra le prime otto è il migliore da un bel po’ di stagioni a questa parte. L’Inghilterra, per dirne una di un certo profilo, è nel frattempo sparita dalla cartina geografica continentale [Gigi Garanzini, Sta].
La Fiorentina gioca a Roma una partita entusiasmante e facile. Prima un rigore stupido, poi un errore del portiere, ma anche tutto il gioco prezioso di Montella. Nella sua confusione la Roma ha trovato ieri la squadra peggiore, quella più ordinata, quella che l’aveva per questo già eliminata dalla Coppa Italia. Portata ad attaccare la Fiorentina ha problemi in casa, ma ha vinto 35 volte in trasferta su 51 partite [Mario Sconcerti, Cds].
Come Ivan il serbo con le cesoie a Marassi, come Genny ‘a carogna in quel pomeriggio di morte all’Olimpico, ecco l’immancabile energumeno ultrà a cavallo di una balaustra, ecco una squadra prona sotto la curva, nel caso la Roma, per farsi insultare, ecco una leggenda del calcio italiano, Francesco Totti, a dover dar retta al becero e ai suoi compari, chinando il capo. Di fronte a tutto questo, cosa volete mai che siano una sconfitta per zero a tre, una partita di pallone, una papera del portiere.
Il solito rito barbarico, altra consuetudine di uno sport imputridito senza che nessuno faccia nulla, ha chiuso lo psicodramma. Film già visto, ma ad ogni replica cresce la nausea [Maurizio Crosetti, Rep].
La squadra sotto scorta, la contestazione che monta, Trigoria da trasformare in un fortino sono il sorprendente finale. Perché adesso la stagione sembra malinconicamente compromessa: l’addio alla Champions dopo che le cose si erano messe bene, l’aver perso un territorio sconfinato dalla Juve che era a portata di gol appena l’anno passato e pur nel brutto di quella Roma, l’eliminazione dalla Coppa Italia e ora questa uscita senza battersi dall’Europa League, questo è il piatto. Nessuno l’avrebbe detto. Ma poi... Già, è sul poi che si deve riflettere: forse la preparazione non adeguata, certamente il mercato di riparazione che anziché riparare ha ulteriormente rotto il giocattolo, forse s’è rotto perfino il giocattolaio con certe scelte scombiccherate e sempre variabili come il tempo a primavera [Piero Mei, Mes]
Garcia comunque resta. Non è stato confermato dalla società, ma dalla curva. Di tutto il male si è fatto carico Sabatini che ha accusato il suo mercato. Non ricordo che Galliani o Ausilio lo abbiano mai fatto. Quando si arriva a questa gogna vuol dire che prima della squadra manca la società. La Roma si perde tra la lontananza del suo presidente e la sua anima italiana, serve Sabatini a trovare una spiegazione, l’unico dirigente che domani troverebbe dieci squadre pronte a prenderlo. Chi prenderebbe gli altri? La Roma vale un viaggio dentro se stessa, l’involuzione di uomini chiave come Totti, Gervinho, De Rossi, Pjanic, lo stesso Nainggolan, Iturbe, la sua mancanza di velocità e fantasia. Garcia è responsabile di questo. Il resto tocca a una società in cui ognuno bada molto a controllare la propria anima, quella italiana e quella americana [Mario Sconcerti, Cds].
Volendo, ci si potrebbe chiedere cos’abbia squassato dal di dentro la Roma, ancora in piedi un mese e mezzo fa quando vinse a Cagliari, poi implosa, disintegrata. Ma di fronte alle ondate dei corpi in curva, di fronte a quei selvaggi arrampicati sulle grate per pretendere sacrifici umani tutto il resto è niente, solo schifo e tristezza [Maurizio Crosetti, Rep].
Se parliamo invece di rimonte ai confini dell’impossibile, il Torino ci ha provato assai più seriamente dell’Inter. Avrebbe meritato eccome nel primo tempo un vantaggio che per due volte Maxi Lopez non è riuscito a trovare in mischia e che Quagliarella di testa si è letteralmente divorato: e ancor più vicino ci è andato in un bellissimo avvio di ripresa [Gigi Garanzini, Sta].
L’Inter è stata buona, ma contro un avversario più forte. Se il sogno si ridimensiona non è colpa dell’ultima notte, è colpa della malattia. Qual è il progetto dell’Inter? Come s’intenda far fronte ai debiti e rinforzare la squadra? Può, con calma, spiegarlo il suo presidente? [Mario Sconcerti, Cds].