Il Sole 24 Ore, 20 marzo 2015
Se Angela Merkel prende in mano il dossier greco. Non è chiaro quando, nell’ultima settimana, la Cancelliera si sia convinta che la crisi di Atene aveva imboccato una pericolosa, e forse definitiva, china
Non è chiaro quando, nell’ultima settimana, Angela Merkel si sia convinta che la crisi greca aveva imboccato una pericolosa, e forse definitiva, china. Per abitudine, il cancelliere non procede per grandi svolte, ma mettendo i fatti, uno dopo l’altro, sulla bilancia, valutando pro e contro di un’azione da prendere sempre senza precipitazione.
Ma, quasi un mese dopo l’accordo europeo per l’estensione di quattro mesi del programma della Grecia, l’escalation dello scontro verbale fra il suo ministro delle Finanze Wolfgang Schaeuble e quello greco Yanis Varoufakis, il comportamento sempre più erratico del Governo di Atene, la scarsa fiducia nella capacità di mediazione del presidente dell’Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem, il drastico peggioramento delle condizioni finanziarie del Governo greco e delle banche, le crescenti probabilità di un “incidente”, l’hanno messa forzatamente nelle condizioni di prendere direttamente l’iniziativa.
Obtorto collo, perché aveva sempre rifiutato l’idea che la vicenda greca potesse essere vista in qualche modo come una questione bilaterale fra Atene e Berlino (a quello pensano già le provocazioni di Syriza), e perché la sua preferenza era che la discussione rimanesse a livello tecnico. Alla fine, però, lunedì scorso il cancelliere ha dovuto dare un segnale che era pronta ad assumere apertamente un ruolo determinante e ha invitato a Berlino, per lunedì prossimo, il primo ministro greco Alexis Tsipras. Non è probabilmente un caso che il giorno dopo l’annuncio abbia ricevuto nel proprio ufficio il presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, per la signora Merkel un riferimento costante durante tutta la crisi e l’altro protagonista perfettamente consapevole della gravità della situazione.
Anche ora, peraltro, con un altro tipico atteggiamento merkeliano, il cancelliere ha scelto la strada del ridimensionamento delle aspettative. «Con Tsipras ci parleremo e magari ci troveremo pure in disaccordo», ha detto ieri al Bundestag fra le risate dei deputati. Ma la soluzione, secondo la signora Merkel, «è del tutto chiaro» che non arriverà a Bruxelles in queste ore, né a Berlino lunedì prossimo. La strada della Grecia – ecco un altro marchio di fabbrica – «è ancora lunga».
Ambienti vicino al capo del Governo tedesco rifiutano la possibilità che lunedì sia l’occasione per dare un ultimatum a Tsipras, così come non sarà quella la sede per un negoziato. C’è la disponibilità, anzi, ad aprire la via a un compromesso, purché, naturalmente, la Grecia rispetti le regole, altro assioma del cancelliere. «Un progresso è possibile solo sulla base di quanto è stato concordato», ha detto ieri al Bundestag. La pressione interna, anche e soprattutto dai ranghi del suo partito, crea un vincolo politico molto stringente per i margini di manovra della signora Merkel. Ma quando ribadisce che «se l’euro fallisce, l’Europa fallisce», non ripete una formula che le abbiamo sentito pronunciare infinite volte, ma chiarisce le basi della sua azione. In fondo, in parole diverse, è come «l’euro è irreversibile» di Draghi. Ancora una volta, nei prossimi giorni, entrambi saranno messi alla prova perché lo dimostrino con i fatti.