Libero, 20 marzo 2015
Secondo Paolo Nori per quelli di Parma «questa è forse un’occasione per ricordarci che noi non siamo patrizi, non siamo i depositari del buon gusto, non siamo di Parma perché siamo di Parma, non siamo buoni perché siamo buoni, siamo buoni se, siamo buoni, e siamo di Parma se, siamo di Parma, la quale Parma, nonostante noi, resta una città meravigliosa, bisogna poi dire
Siccome sono di Parma, un po’ di gente che conosco mi chiede cosa sta succedendo a Parma, solo che io, anche se sono di Parma, non lo so mica, cosa sta succedendo a Parma, abito a Casalecchio di Reno e leggo le cose che leggono tutti, il quasi fallimento della squadra di calcio, le indagini sull’ex presidente e sull’ex amministratore delegato, le indagini sul comandante e sul vice comandante della Guardia di Finanza e il loro allontanamento, l’arresto, adesso, del presidente, l’ultimo dei cinque che si son succeduti in questi ultimi mesi che sono tutte cose che sarebbe meglio di no ma son cose che più o meno son già successe e che succederanno ancora, ho paura, sia a Parma che fuori. Quando ho cominciato a tenere per il Parma, che avevo cinque anni, il Parma era in serie D ed era appena fallito e si era fuso con la Parmense e si giocava con Crema e Cremonese la promozione in serie C, ed è possibile che l’anno prossimo si torni a quei livelli lì, era il ’68 o il ’69 e lo stadio Tardini, al posto delle curve, aveva delle gradinate che avevano sì e no dieci scalini e noi ci andavamo lo stesso e ci sembrava una cosa così grande, la partita del Parma. E se dovessi provare a dirlo, cosa sta succedendo oggi, a Parma, mi vien da pensare a una cosa che è successa quest’estate, che a Parma hanno organizzato una rassegna che si chiamava «Taste of Future» e che voleva accreditare Parma come «Città del buon gusto». Che siccome la cosa la facevano a Parma, ed era patrocinata dal Comune di Parma, a me era sembrato di dubbio gusto, il fatto di dire di sé «Noi siamo la città del buon gusto», e l’avevo collegato a una cosa che mi era successa molti anni prima a Piacenza, dove avevo fatto l’interprete dal russo per degli architetti piacentini che avevano ricevuto una delegazione di architetti russi, si diceva fossero i principali collaboratori di El’cin per l’architettura, e questi architetti russi eran vestiti in un modo, avevano dei girocollo mistolana, non sembravano degli architetti, a guardarli, invece gli architetti di Piacenza eran tutti eleganti, gessati, Armani, Versace, e erano stupefatti, a vedere i loro colleghi ex sovietici, e i loro colleghi ex sovietici uguale, erano stupefatti, a vedere i loro colleghi piacentini, e una volta gliel’avevano anche detto: il capo della delegazione russa aveva detto, al capo della delegazione piacentina, «Sembrate dei patrizi, come siete vestiti», io avevo tradotto, e il capo della delegazione piacentina era rimasto un attimo così che non sapeva cosa dire, poi aveva detto «Patrizi? Mia moglie si chiama Patrizia». Allora per noi, secondo me, di Parma, sia per noi che abitiamo fuori da Parma che ci chiaman Straiati («Sparpagliati»), sia per quelli che a Parma ci abitano ancora, questa è forse un’occasione per ricordarci che noi non siamo patrizi, non siamo i depositari del buon gusto, non siamo di Parma perché siamo di Parma, non siamo buoni perché siamo buoni, siamo buoni se, siamo buoni, e siamo di Parma se, siamo di Parma, la quale Parma, nonostante noi, resta una città meravigliosa, bisogna poi dire.