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 2015  marzo 20 Venerdì calendario

La candidatura di Hillary Clinton è ineluttabile, ma la sua corsa senza rivali potrebbe essere più logorante di una campagna combattuta. E i democratici si aggrappano ad Al Gore

Un candidato democratico alla Casa Bianca di grande esperienza, popolare tra gli americani, che conosce bene la politica estera, anche sensibile ai problemi economici e sociali del Paese? È pronta Hillary Clinton, certo. Ma c’è anche Al Gore.
   Possibile? Uscito di scena nel 2000, sconfitto da George Bush per un soffio (sospetto) pur avendo preso più voti di lui, l’ex vice di Bill Clinton può davvero tornare protagonista nel 2016? I media di destra, dalla tv Fox al magazine politico Weekly Standard al sito conservatore «Hot Air» ci credono. Al Gore, dicono, ha credenziali forti: è pur sempre un ex vicepresidente, la sua lunga lontananza dalla politica può essere un vantaggio in tempi di grande impopolarità di Congresso e partiti. E poi nel frattempo Gore ha vinto un premio Nobel e un Oscar. È pure molto ricco, più di Romney: non guasta, le campagne elettorali Usa costano molto. Il «soccorso da destra» è più che comprensibile: qualunque cosa pur di togliere credibilità a Hillary, l’avversario vero. Ma anche a sinistra si parla di Gorenaissance. Di una sua candidatura ragiona il compassato «Atlantic», in tv discutono di Gore vecchie volpi delle campagne elettorali come lo stratega democratico Paul Begala e Bill Kristol, l’intellettuale conservatore più in vista, mentre il New York Times gli dedica due pagine intere e loda la sua trasformazione: da ambientalista profeta di sventure a imprenditore fautore di una crescita sostenibile. E i giovani che lo acclamano a SXSW, il festival delle nuove idee e della tecnologia in corso ad Austin, nel Texas. Succederà davvero o la candidatura di Gore si rivelerà una bufala come la «terza volta» di Romney?
  Non accadrà: tra l’altro Gore, che già rinunciò nel 2008, non sembra averci mai pensato. E se si facesse avanti scopriremmo subito che è antipatico, invecchiato. I soldi li ha fatti vendendo le sue tv ad Al Jazeera (cioè al Qatar, non un modello di democrazia). Il suo cavallo di battaglia, l’ambientalismo, è all’ultimo posto tra le priorità degli americani. Lo sanno tutti ma proprio questo aggrapparsi a Gore dà la misura della paura dei democratici: sanno che la candidatura di Hillary è ineluttabile, ma la sua corsa senza rivali potrebbe essere più logorante di una campagna combattuta. A novembre 2016 rischia di infrangersi contro un muro repubblicano. E comunque andare avanti senza un «piano B» credibile è molto rischioso: incidenti di percorso sono sempre possibili.