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 2015  marzo 20 Venerdì calendario

L’armata dell’Ue. Ecco perché ancora non esiste un esercito europeo. Anche se tutti ne parlano

L’ipotesi di un esercito europeo, tornata di recente sul tappeto potrebbe non comportare l’eliminazione degli eserciti nazionali, cui i singoli stati difficilmente rinuncerebbero, qualora si prevedesse la costituzione di forze armate sovranazionali direttamente dipendenti dalla UE, in aggiunta a quelle dei singoli Stati con uno schema simile al modello americano.
Mario Buscemi

Caro Buscemi,
Come il mostro marino di Loch Ness, anche l’esercito europeo riappare periodicamente sulla scena mediatica mondiale e suscita grande curiosità sino al giorno in cui esce nuovamente dal radar della pubblica opinione. Tralascio la Ced (Comunità europea di difesa), azzoppata da un voto negativo del Parlamento francese nell’agosto del 1954, e le ricordo che Francia e Gran Bretagna, nel dicembre del 1998, firmarono un accordo di collaborazione militare di fronte alla costa bretone di Saint-Malo, a bordo di una nave da guerra della marina britannica. Era una intesa bilaterale, ma creò le condizioni per la nascita di una «Politica europea della sicurezza e della difesa» che fu approvata dal vertice dell’Ue a Colonia nel giugno dell’anno seguente. Questa nuova Ced, molto meno ambiziosa dell’antenato, si è distinta per qualche decorosa operazione in Macedonia, nella Repubblica Democratica del Congo, nelle acque somale e in Georgia. Ma non ha prodotto un forza armata integrata.
Oggi il tema sembra ridiventare attuale. Nei giorni in cui il presidente della Commissione Jean-Claude Juncker auspicava la nascita di un esercito europeo, il Wall Street Journal ha pubblicato un articolo di Javier Solana e Steven Blockmans sulla possibile creazione di una Unione Europea della Difesa. Mentre Blockmans è membro del Centro per gli studi sulla politica europea, Solana ha avuto cariche politiche che gli conferiscono, su questi temi, una particolare autorità: segretario generale della Nato dal 1995 al 1999, Alto rappresentante dell’Ue per la politica estera e la sicurezza dal 1999 al 2009. Nel loro articolo i due autori osservano che il sistema degli eserciti nazionali costa oggi all’Ue, per la duplicazione degli armamenti e degli effettivi, 26 miliardi di euro, e che ne costerebbe molti di più in una fase di maggiore tensione politica e militare. Credo che queste cifre, caro Buscemi, rispondano alla sua osservazione. Se accanto all’esercito europeo conservassimo gli eserciti nazionali, l’Ue rinuncerebbe ai considerevoli vantaggi dell’integrazione.
Ancora una elemento. Solana e Blockmans scrivono che l’esercito europeo dovrebbe agire in stretto coordinamento con la Nato e assisterla nella difesa del territorio europeo. Credo invece che un esercito europeo sarebbe credibile soltanto se non avesse vincoli con l’Alleanza Atlantica. La Nato è una organizzazione militare soggetta agli Stati Uniti, comandata da un generale americano (Philip M. Breedlove), fedele esecutrice di una politica estera che ha spostato i confini dell’organizzazione al di là delle vecchie frontiere dell’Unione Sovietica ed è in buona parte responsabile della crisi ucraina. È probabile che un esercito veramente europeo sarebbe stato accolto volentieri, come forza d’interposizione, durante il conflitto fra le forze ucraine e i separatisti filo-russi dell’Est. Un esercito europeo infeudato agli Stati Uniti non avrebbe, agli occhi della Russia, la necessaria imparzialità.